Il tumore al testicolo rappresenta un tipo di neoplasia rara, dunque a bassa incidenza (compresa tra l’1 e l’1,5% di tutte le neoplasie umane). L’arco temporale maggiormente interessato è tra i 15 e i 40 anni. Si registrano tra i 3 e i 6 nuovi casi all’anno per 100.000 maschi nei paesi occidentali, con un aumento di incidenza osservato negli ultimi 30 anni i cui fattori di rischio sono ancora in fase di analisi. Almeno il 95% di tutti i tumori testicolari sono neoplasie primitive del testicolo, mentre nel 5% dei casi vi è una sede primitiva extragonadica (ossia al di fuori dei testicoli, in altre zone del corpo), più frequentemente nel mediastino o nel retroperitoneo. Nel 40% dei tumori il tipo istologico è un seminoma puro, mentre circa il 60% sono tumori non-seminomatosi o tumori misti. Moltissime informazioni al riguardo, soprattutto riguardo i trattamenti più appropriati e la stadiazione dettagliata della malattia, possono essere consultate sulle linee guida ufficiali.
Nonostante l’età media d’insorgenza sia leggermente più elevata, approssimativamente compresa tra i 20 e i 35 anni, dunque la maggior parte dei tumori (specialmente germinali) compresi in una frazione temporale minore, il tumore al testicolo può presentarsi anche in età pediatrica creando non pochi problemi nel percorso diagnostico a causa della minor consapevolezza di un atto -in questo caso- che può essere definito salvavita: l’autopalpazione.
Il testicolo destro è generalmente più colpito del sinistro anche se non esiste una vera e propria regola d’insorgenza. Le forme bilaterali non sono rare: quando il tumore presente nel testicolo controlaterale sia insorto contemporaneamente si parlerà di tumore sincrono, quando invece questo avvenga a distanza di tempo si parlerà di tumore metacrono.
Fattori di rischio
L’incremento nell’insorgenza di questa patologia nella popolazione pediatrica, in particolar modo adolescente, avuto negli ultimi anni testimonia un cambio di rotta in termini di prevenzione dei fattori di rischio esterni, come i telefoni cellulare portati nelle tasche dei pantaloni, proprio all’altezza delle gonadi.
Per quanto riguarda invece i fattori di rischio conclamati, cioè ufficialmente riconosciuti come predisponenti, abbiamo diverse condizioni patologiche e talvolta sub-cliniche che è bene riconoscere non soltanto per questa problematica correlata ma anche e soprattutto per approcciare rapidamente ai trattamenti appropriati. Queste condizioni sono:
- criptorchidismo, ossia la presenza di un testicolo ritenuto in addome per i primi anni di vita, sceso spontaneamente in un secondo momento o mediante intervento chirurgico. La rilevanza di questo fattore di rischio è comunque secondaria alla sede del testicolo criptorchide, tanto più in alto il testicolo sia ritenuto (in addome, ad esempio) maggiore sarà l’insorgenza di una patologia oncologica ad esso correlata, quanto in più in basso invece questo si trovi (nell’inguine, sempre per esempio) minore saranno le possibilità di contrarre la malattia;
- familiarità per tumore al testicolo;
- disturbi ormonali della madre durante la gravidanza, ad esempio quando il feto sia stato sottoposto ad elevate dosi di estrogeni;
- sindrome di Klinefelter, una malattia genetica in cui gli uomini posseggono un cromosoma X in eccesso, talvolta asintomatica fino alla pubertà, momento in cui i primi segni come infertilità e ipogonadismo si verificano.
- riduzione o assenza della fertilità;
Discorso a parte meritano i pazienti già vittime di un tumore al testicolo. Secondo i dati statistici, questi ultimi, sarebbero compresi in un rischio 20/50 volte superiore di sviluppare un tumore al testicolo sano rimanente. Tuttavia, se consideriamo l’incidenza di due patologie oncologiche distinte nello stesso soggetto, ci rendiamo conto che l’evenienza sia piuttosto rara; ovviamente al momento della diagnosi di un primo tumore testicolare verrà formulato un piano di follow-up, tale che il testicolo opposto venga regolarmente controllato, così da scongiurare una scoperta inaspettata.
Prognosi e aspetti psicologici del ragazzo
Dal tumore al testicolo si guarisce! Una grandissima percentuale di casi affronta la malattia, sotto un profilo strettamente fisico, nel migliore dei modi, giungendo presto alla completa remissioni. I pazienti molto giovani affetti da tumore ai testicoli hanno un’aspettativa di vita uguale a quella della popolazione generale.
L’obiettivo è quello di minimizzare gli aspetti legati alla diagnosi di cancro e alle sequele dei trattamenti. Come è facile intuire dai dati sotto (e sopra) evidenziati, le neoplasie testicolari arrivano in momenti critici della vita, cioè quando il carattere e l’identità di bambino o giovane ragazzo sono in fase di sviluppo o definizione. Il desiderio di normalità è assolutamente insito in questi giovani pazienti e può ritrovarsi sia sotto una forma di sofferenza psichica associata all’esperienza della malattia oncologica sia assumendo un aspetto rilevante nelle insicurezze in ambito relazionale e sotto un profilo sessuale (che vogliamo ricordare resterà invariato dal punto di vista della funzionalità).
Il counselling, di supporto emotivo, rappresenta un processo relazionale dedicato a chi senta il bisogno di essere aiutato a risolvere un problema sul piano psicosociale.
Sintomi
La sintomatologia ascrivibile al tumore dei testicoli è piuttosto definita se ci si riferisce alla malattia confinata al testicolo. Naturalmente, qualora la malattia si sia propagata ad altri distretti corporei, attraverso metastasi, la sintomatologia sarà variabile e strettamente correlata all’organo bersaglio della nuova localizzazione metastatica: polmoni, retroperitoneo, fegato, cervello, etc.).
Restando però concentrati sui sintomi a cui è opportuno prestare particolare attenzione, soprattutto se riferiti da bambini che non abbiamo ancora ben chiaro il proprio schema corporeo, mamme e papà, prima ancora del medico curante e degli specialisti, dovranno prestare attenzione al riferire di:
- sensazione di peso del testicolo;
- tumefazione del testicolo;
- consistenza più dura rispetto al testicolo opposto;
- il dolore è solitamente presente in soltanto il 20% dei casi, e quando si verifica è secondario alle aree emorragiche peritumorali;
- lieve ginecomastia bilaterale;
- microlitiasi testicolare (considerate sia come fattore predisponente che come segnale d’allarme).
Diagnosi
La diagnosi, come in tutte le neoplasie ma in particolar modo nei tumori del testicolo, è fondamentale per un corretto approccio e schema terapeutico da applicare. Il tumore al testicolo rappresenta ad ogni una neoplasia definita curable ossia curabile, ragion per cui una rapida individuazione rappresenta un fattore di notevole importanza per approcciare bene alle terapie e conseguente guarigione.
Sia in ambito diagnostico che interventistico, essendo il tumore al testicolo (lo ricordiamo) una patologia rara, sarà opportuno rivolgersi a centri di riferimento altamente specializzati nella cura di questo tipo di neoplasie.
Autopalpazione
L’autopalpazione è il primo step necessario per definire se la sintomatologia sia verosimilmente riconducibile ad un’infiammazione o uno stato patologico di natura oncologica, quindi alla presenza di una lesione più o meno evidente: una vera e propria pallina nel testicolo.
Queste piccole protuberanze possono essere presenti sia sulla superficie interna della gonade interessata sia nel nucleo vero e proprio.
Quando l’autopalpazione non può essere condotta in autonomia, magari perché i bambini per cui si sospetti la malattia siano troppo piccoli e poco consapevoli, la pratica dovrà essere condotta da genitori con estrema attenzione in presenza della sintomatologia specifica, prima ancora di far valutare la situazione al medico e procedere con un esame approfondito.
La situazione ideale prevede il porsi di fronte allo specchio in modo da poter osservare direttamente eventuali rigonfiamenti sui testicoli o qualora non sia possibile, è richiesto almeno effettuare la procedura subito dopo un bagno o una doccia calda in modo che la pelle dello scroto sia distesa e i testicoli ben distesi. Non è raro che i testicoli, soprattutto nei bambini, presentino idrocele o varicocele che renderanno di difficile valutazione la superficie globale della zona. L’indice e il medio devono essere posti nella zona inferiore e il pollice in quella superiore. La palpazione non deve dare dolore, anche se ripetuta, deve infatti essere condotta in modo molto delicato. Le dita devono seguire un movimento rotatorio e la superficie esterna deve risultare liscia, uniforme e di consistenza elastica, qualora si riscontri una piccola forma irregolare bisognerà analizzare più approfonditamente la parte ed esercitare una relativa pressione per valutarne la consistenza, cercando ulteriori noduli.
Dietro al testicolo è presente l’epididimo, spesso in corrispondenza di questo si possono riscontrare masse tondeggianti non dure di qualche millimetro ma si tratta di semplici cisti che per sicurezza andranno comunque fatte valutare ad uno specialistica andrologo/urologo.
Iter diagnostico, indagini approfondite ed esami
Per confermare il sospetto clinico è essenziale effettuare un’ecografia testicolare, esame che risulta ampiamente sufficiente per descrivere le masse intratesticolari. La diagnosi patologica è invece basata sull’esame istologico del testicolo rimosso. A tal proposito riteniamo opportuno informare tutti i genitori che affrontino per la prima volta questo tipo di malattia in relazione ai propri figli, che l’esame istologico del tumore al testicolo, quella che generalmente viene chiamata biopsia non va assolutamente effettuato tramite ago aspirato, ma in sede intraoperatoria mediante orchiectomia condotta per via inguinale, qualsiasi altro suggerimento di qualsiasi medico è da considerarsi frutto di una cattiva valutazione e successiva cattiva pratica medica; pertanto è bene ricordare che nel tumore al testicolo l’ago aspirato non deve essere fatto.
Accanto all’individuazione della massa nel testicolo andrà effettuato il dosaggio dei marcatori tumorali specifici quali: alfa-fetoproteina (AFP) e beta gonadotropina corionica umana (β-HCG) oltre che di LDH. Questi valori dovrebbero poi ridursi entro 5-7 giorni dalla chirurgia radicale atta alla rimozione del testicolo malato.
La stadiazione, come in qualsiasi altro tipo di neoplasia, va completata tramite tomografia computerizzata; nella fattispecie dei tumori testicolari vengono, di norma, suggerite le sole proiezioni del torace, di addome e pelvi, ma questa valutazione è di ordine prettamente oncologico e soltanto effettuabile insieme ad una valutazione approfondita d’insieme che consideri numerosi altri fattori (tra tutti il tipo istologico in relazione ai marcatori).
È importantissima la valutazione radiologica dei linfonodi presenti nel retroperitoneo, il criterio convenzionale di non evidenza di aumento delle dimensioni può essere infatti troppo generico: la sede e le dimensioni devono essere valutate da radiologi e chirurghi esperti della malattia, capaci di dare accurate definizioni di normalità in rapporto alle regolari prossimità di tutto il retroperitoneo, anche e soprattutto in rapporto a soggetti sani.
Particolare attenzione merita il caso della PET. Per quanto non possa essere definita così radicalmente una via univoca di interpretazione, vogliamo ricordare che nella maggior parte dei casi la stadiazione e valutazione tramite PET (Tomografia ad Emissione di Positroni) non è indicata, specialmente nei non-seminomi. Questo tipo di indagine può essere integrato nei seminomi in stadi particolari o avanzati.
Stadiazione clinica
Per definire lo stadio clinico di questi pazienti viene utilizzata la classificazione TNM:
- nello stadio I sono compresi tutti i pazienti con tumori a cellule germinali senza evidenza di malattia al di fuori del testicolo. In uno stadio intermedio (definito IS), tuttavia, vengono inclusi i pazienti con tumore isolato al testicolo ma con markers positivi ed elevati, persistenti dopo l’intervento.
- nello stadio IIA sono compresi i pazienti in cui si registra evidenza radiologica di linfonodi retroperitoneali e/0 pelvici con diametro traverso massimo di 2 centimetri;
- nello stadio IIB sono compresi i pazienti in cui i linfonodi retroperitoneali e/o pelvici siano compresi tra 2 e 5 centimetri;
- nello stadio IIC sono compresi i pazienti in cui le metastasi retroperitoneali siano maggiori di 5 centimetri
La malattia metastatica, nella pratica clinica, gode di una classificazione ulteriore, se solo consideriamo che le zone metastatiche possono propagarsi anche ad altri distretti corporei oltre a pelvi e retroperitoneo. Oltretutto, soprattutto per quanto riguarda le ricadute tardive, un approccio multidisciplinare e soprattutto dedicato da specialisti altamente ferrati in questo tipo di malattia oncologica è essenziale: stadiare nel modo migliore, precoce e più dettagliato possibile la malattia permette una grande percentuali di guarigioni totali e permanenti. A tal proposito consigliamo di visionare per intero questo spezzone su YouTube di un convengo in cui i maggiori relatori ed estensori delle linee guida nazionali discutono sulla valutazione delle ricadute tardive, metastatiche, del tumore al testicolo.
All’interno della classificazione evidenziata, soprattutto nei primissimi stadi, in cui la malattia si presenti senza alterazioni bioumorali, la classificazione subisce l’influenza di ulteriori valutazioni: si parla infatti di primo stadio ad alto e basso rischio.
Tipi di tumori testicolari
La prima grande distinzione tra le differenti tipologie di tumori del testicolo va fatta tra tumori germinali e tumori non germinali.
I tumori germinali
Il 95% dei tumori del testicolo si sviluppano in cellule speciali note come cellule germinali, ossia le cellule di partenza da cui vengono prodotti gli spermatozoi; tutti i tumori germinali si dividono a loro volta in seminomi e non seminomi; nei tumori in cui i reperimenti istologici siano sia seminomatosi che non seminomatosi la classificazione va comunque effettuata adoperando come parametro i tumori di tipo non seminoma.
Prima di procedere alla distinzione che si opera tra seminoma e non seminoma è opportuno segnalare cosa sia un CIS: il tumore ai testicoli delle cellule germinale può esordire con una forma non invasiva detta appunto carcinoma in situ che non sempre si trasforma in un cancro invasivo, talvolta, ma non sempre, la sua trasformazione in una neoplasia vera e propria necessita di un periodo lungo fino a 5 anni. La scienza medica non è concorde sul corretto approccio terapeutico da assegnare ai CIS in quanto non sempre la trasformazione è assicurata.
Il seminoma
Il seminoma è un tipo di tumore germinale del testicolo, rappresenta oltre la metà dei casi, è frutto della trasformazione maligna delle cellule sopracitate atte alla produzione degli spermatozoi, ed è maggiormente frequente negli archi temporali più avanzi (attorno alla quarta decade di vita). Talvolta sono presenti coinvolgimenti di cellule non seminali (caso in cui ci si riferisce a forme germinali miste) e la genesi prevede la formazione sia di un seminoma classico che di un seminoma spermatocitico.
A sua volta, il seminoma classico è ritrovabile nel 95% di tutti i seminomi, quello spermatocitico è piuttosto raro e si verifica (generalmente) in età più avanzata.
L’alterazione più frequente negli esami del sangue, ad opera dei seminomi, è perpetrata sulla B-HCG.
Il non seminoma
Il non seminoma è un tipo di tumore del testicolo di riscontro meno frequente, si sviluppa più frequentemente nella tarda adolescenza ma può essere rinvenuto anche i bambini e in fase puberale. Di questa grande macro-area riconosciamo ulteriori classificazioni inferiori, cioè 4 sottotipi di tumori non seminomatosi:
- carcinoma embrionale (o diversamente definito carcinoma embrionario), ha un’incidenza assoluta del 3-4% di tutti i tumori testicolari, si diffondono rapidamente e sono piuttosto aggressivi, aumenta generalmente anche l’AFP oltre la beta-HCG;
- tumore del sacco vitellino, è questa la forma più comune di tumore del testicolo nei bambini e ha una elevata percentuale di successo terapeutico. È di difficile inquadramento quando si sviluppa in forma pura negli adulti, pur restando comunque una neoplasia ad alta chemioresponsività;
- coriocarcinoma, è un raro tipo, piuttosto aggressivo, ad alta prevalenza negli adulti che facilmente metastatizza ad organi distanti tra loro;
- teratoma, osservato al microscopio sembra un embrione in fase di formazione composte da tre sub-strati di derma. A sua volta questo tipo istologico si può ulteriormente suddividere in: teratoma maturo, teratoma immaturo e teratoma con trasformazione maligna; a seconda di questa ulteriore classificazione si procede alla valutazione del caso poiché questo tipo di tumore, generalmente considerato benigno, può anche trasformarsi e sconfinare negli organi circostanti (benché non si tratti di un’evenienza comune).
I tumori non germinali
I tumori non germinali costituiscono invece circa il 5% di tutte le neoplasie testicolari e comprendono anch’essi una certa varietà di tipi istologici differenti e quadri neoplastici relativi al caso specifico.
Prima di procedere alla definizione dei sottotipi di tumori non germinali va segnalato che esistono forme combinate stromali/germinali, dove il trattamento è condizionato dalla forma germinale.
La suddivisione sottostante è meno variegata di quella dei tumori germinali (tenendo presente che a livello strettamente anatomopatologico la classificazione sia molto più dettagliata per entrambi gli istotipi, sia germinali che non germinali):
Tumore a cellule di Leydig
Si riscontra nei bambini e talvolta negli adulti, con un picco d’insorgenza compreso tra i 6 e i 9 anni. Le alterazioni ormonali rinvenibili sono elevati livelli di estrogeni, bassi livelli di testosterone, incremento di LH ed FSH che insieme causino fenomeni di pseudo-pubertà; soltanto il 10% delle forme sono maligne.
Tumore a cellule di Sertoli
Le alterazioni ormonali sono possibili ma infrequenti (il segno clinico ritrovabile può essere la ginecomastia) poiché questo tipo di tumore è tipico dell’età adulta, quando l’assetto ormonale sia già stabile. Esistono varianti caratterizzate dalla forma delle cellule (classica, a grandi cellule calcificanti e sclerosante). Le forme maligne sono maggiori del 10% e la più temibile, quella a grandi cellule con calcificazioni caratteristiche, è tipica dell’età adulta.
Altre neoplasie dello stroma gonadico
Queste neoplasie sono rappresentate dai tumori della granulosa e della teca, che possono presentarsi in forma pura o variamente combinata. Possono produrre ormoni steroidei. I tumori della granulosa, sono distinguibili in giovanili e adulti; questi ultimi hanno un decorso maligno fino al 20% dei casi.
Trattamento
Il trattamento è chiaramente secondario alla definizione di un quadro diagnostico completo e dettagliato. Sarebbe impossibile e soprattutto di difficile consultazione elencare in questo post tutte le possibili alternative terapeutiche ad oggi adottate dai maggiori centri di riferimento italiani e internazionali. Essendo infatti una patologia ad alto tasso di guarigione, gli schemi terapeutici adottabili sono vari e non soltanto riferiti allo stadio clinico in cui la malattia si trovi ma (talvolta, concordando con il medico di riferimento il da farsi) anche in relazione alle necessità e volontà del paziente.
Spieghiamoci meglio: qualora lo stadio sia di primo livello, senza alterazione dei marcatori, le chance d’intervento sono varie: si opterà per protocolli di follow up ravvicinati, in cui gli esami diagnostici volti a diagnosticare per tempo eventuali ricadute, senza proseguire con trattamenti chemioterapici dopo l’intervento -sempre essenziale-, oppure per cicli di chemioterapia adiuvante, cioè atta a prevenire le metastasi. Nel primo caso si parlerà di vigile attesa, in cui le percentuali di ricaduta (sempre e comunque altamente guaribile) siano leggermente più elevate di un approccio terapeutico.
La chemioterapia stessa seguirà schemi differenti a seconda del tipo istologico ritrovato oltre che in relazione alla diffusione della malattia nel resto del corpo: per tipi istologici meno aggressivi come il seminoma, il farmaco di prima linea impiegato è il carboplatino, mentre nei non seminomi o negli stadi avanzati di malattia si preferisce uno schema più aggressivo a base di cisplatino. È proprio il cisplatino con i suoi derivati ad aver invertito la tendenza prognostica del cancro ai testicoli, trasformando gli insuccessi medici in guarigioni nel corso degli ultimi quaranta anni.
La chemioterapia più utilizzata è strutturata sulla base di 4 cicli di PEB (sigla che indica farmaci quali appunto, Platino, Etoposide, Bleomicina) sul protocollo di 5 giorni con richiami all’8° e al 15° giorno; naturalmente 4 cicli come base di partenza massima, decurtabili in base a stadiazione e tipologia di chemioterapia, se adiuvante o curativa. Esistono anche altri schemi, in cui la somministrazione di cisplatino avvenga in 3 giorni, ma come detto sono riservati a casi d’elezione e studi assegnati ai centri di riferimento.
Altri schemi chemioterapici (VIP, TIP, PE, etc.) sono invece ascrivibili a situazioni differenti in cui, ad esempio, siano già state impiegate le massime somministrazioni disponibili di Bleomicina (un farmaco altamente influente sulla salute polmonare), cioè 4. Superando i dosaggi definiti dalle linee guida, a titolo esemplificativo non esaustivo nelle chemioterapie di salvataggio o successive a trapianto di staminali, si altera il rapporto costo/beneficio dei farmaci, pertanto questa opzione va valutata, come sempre ricordiamo, da medici oncologi altamente specializzati nel trattamento di questo tipo di neoplasia e soltanto in centri di riferimento nazionali che abbiano a disposizione una grande casistica.
Oltre alla chemioterapia esiste anche la variante della radioterapia, particolarmente utile nel caso in cui sia di difficile accesso una via operatoria per masse metastatiche nel mediastino o linfonodi di piccole dimensioni in addome o nel retroperitoneo.
La chirurgia, oltre a quella di default che prevede l’orchifunicolectomia, essenziale per asportare l’intero testicolo malato, è relativa la resezione di masse residue in sede retroperitoneale: si parla appunto di RPLND come sigla di linfoadenectomia retroperitoneale per identificare l’atto chirurgico di rimozione delle porzioni o intere catene di linfonodi (malati o meno) conducenti ai testicoli, suddivise per quadranti identificati a seconda della probabilità d’insorgenza delle metastasi. Naturalmente esistono anche protocolli chirurgici atti a rimuovere masse localizzate in altre aree del corpo, ma quelle citate si riferiscono agli standard interventistici per l’ambito trattato.
Follow up
Il follow up è utile per l’individuazione precoce delle ricadute di malattia, è inoltre di fondamentale importanze per la diagnosi di secondi tumori e per la valutazione di comorbidità legate alla malattia oppure ai trattamenti ricevuti dal paziente. La durata e l’intensità del follow up dipendono dal rischio stimato di ricaduta e dal tipo di terapie effettuate.
Va segnalato che quasi tutti i casi di ricaduta avvengono nei primi due anni. Alcuni casi registrati riportano ricadute oltre questo periodo, pertanto la sorveglianza dovrebbe essere intensiva durante il primo periodo ma prolungata a intervalli regolari anche oltre i 5 anni.
Nel seminoma le ricadute sono meno frequenti rispetto al non seminoma ma distribuite nell’arco di più anni.
Gli effetti collaterali delle terapie hanno ricevuto l’attenzione di ricercatori e medici soprattutto negli ultimi anni, per cui il monitoraggio e la prevenzione di queste complicanze a lungo termine dovrebbe rientrare nella completa gestione del follow up dei pazienti trattati per tumori testicolari.