Molto spesso, osservando la crescita dei bambini, capita di dare per scontata l’importanza di molte funzionalità e abilità che vanno via via perfezionandosi nel corso dello sviluppo.
È frequente che gli adulti si limitino semplicemente a guardare le azioni dei propri bambini piuttosto che andare a fondo alla questione e comprendere tutti i processi che sottendono quelle determinate attività. Questo non accade per incuria o per disinteresse, ma semplicemente perché determinate attività vengono percepite come automatiche ed interiorizzate, per cui risulta essere quasi inutile il tentativo di approfondire e analizzare le azioni quotidiane dei nostri bambini.
Tuttavia, in alcuni casi la curiosità prende il sopravvento e ci invita a formulare delle domande specifiche per comprendere la genesi di alcuni gesti compiuti dagli individui in età infantile. Come si sviluppa il linguaggio dei bambini, ad esempio? Quali sono i processi che portano ad affinare e a rafforzare la capacità di comunicare dei più piccoli? Partiamo col dare una definizione univoca di quello che è lo sviluppo comunicativo-linguistico.
Codici e simboli
Lo sviluppo comunicativo-linguistico si configura come quel processo grazie al quale l’individuo assimila e acquisisce i codici utili per comunicare con i suoi simili. Quando parliamo di codici, ci riferiamo sempre all’insieme dei simboli condivisi in maniera convenzionale dal gruppo sociale di appartenenza, che inseriti in un determinato discorso acquistano un significato specifico. Fanno parte dei codici comunicativi, diversi simboli, che vengono raggruppati in modo diverso:
- le espressioni mimiche,
- gli atteggiamenti posturali,
- il linguaggio (verbale e non verbale)
Le fasi
In ogni caso, nel tentare di descrivere quello che è lo sviluppo comunicativo-linguistico, possiamo innanzitutto individuare due fasi che lo caratterizzano: la fase pre-verbale è quella verbale. Durante la prima fase, lo sviluppo comunicativo del bambino è caratterizzato dalla presenza delle prime produzioni sonore che gli consentiranno di interagire con il mondo circostante e lo impegneranno nelle prime forme di comunicazione che potrebbero essere sia di natura dichiarativa che richiestiva. A partire dalle prime settimane di vita, il bambino comincia ad emettere dei vocalizzi. Ovviamente, queste prime forme di comunicazione embrionali sono inizialmente prive di variazioni di tono di volume o di timbro. Successivamente il bambino si impegna nella produzione di vere e proprie sillabe, dando origine alla fase del balbettio. Tuttavia, la conquista importante di questo stadio dello sviluppo comunicativo-linguistico, consiste nella capacità del bambino di imprimere ai suoni emessi, una variazione volontaria. Il piccolo, cioè sembra avere, in questa fase evolutiva, la capacità di controllare in maniera volontaria le sue produzioni sonore. Riesce ad allungare i suoni che emette, a controllarli e a dare loro l’intonazione che preferisce. Da quindi inizio alla fase della lallazione. Questo curioso termine, indica proprio il periodo appena descritto, in cui il bambino si diverte a differenziare il suo linguaggio e ad arricchirlo con inflessioni e schemi molto simili al linguaggio dei genitori.
Ovviamente non si può parlare di linguaggio vero e proprio, ma possiamo certamente far riferimento ad una sorta di pseudo-linguaggio che rappresenta l’originalissimo modo del bambino di interagire e comunicare con il mondo esterno. Tuttavia, è importante cercare di analizzare la fase dello sviluppo linguistico-comunicativo in cui il linguaggio non è ancora presente, e il bambino per esprimere le sue intenzioni e per affermare la sua persona si avvale dei gesti. Nella fase neonatale del bambino, il primo segnalatore che quest’ultimo utilizza con i genitori e con chi gli sta intorno è il pianto. Il pianto può esprimere sia una situazione di malessere e di bisogno, che una richiesta egocentrica di attenzione fino alla manifestazioni tipiche degli spasmi affettivi. Per questo è inevitabile che la madre, dopo le prime settimane di vita del bambino, impari a distinguere i vari tipi di pianto e a comportarsi in maniera differente a seconda del bisogno che il piccolo vuole esprimere attraverso la sua embrionale forma di comunicazione.
Successivamente, una volta acquisita una maggiore padronanza del proprio corpo e una volta affinare le sue capacità espressive, il bambino è in grado di comunicare in modo molto efficiente le proprie intenzioni e i propri bisogni. A 4 mesi, infatti, l’infante tende le braccia per essere sollevato dai genitori e si spinge per raggiungere l’oggetto desiderato.
Verso i 10-12 mesi, nello sviluppo linguistico-comunicativo del bambino, compare il linguaggio propriamente detto, che coinvolge diversi fattori, come le basi anatomo-funzionali e cioè tutte quelle strutture anatomiche coinvolte nel linguaggio; le componenti linguistiche, che includono la fonologia, la morfologia e la sintassi; e infine le tappe di sviluppo del linguaggio. L’analisi di queste ultime risultano essere molto importanti per comprendere lo sviluppo linguistico del bambino. Infatti, c’è da sottolineare innanzitutto che il vocabolario dei fanciulli, soprattutto nelle prime fasi evolutive è molto limitato e comprende un numero ridotto di parole. È solo con lo sviluppo degli apparati fonetici e con l’interazione con il gruppo sociale di appartenenza che il bambino assimila nuove parole, arricchendo il suo bagaglio linguistico.
Fino a 15-16 mesi, infatti, il vocabolario del bambino è piuttosto povero e comprende non più di 10 parole. È solo all’età di 24 mesi che il bambino è in grado di padroneggiare un numero elevato di parole, che si aggira intorno ai 300 vocaboli. Quanto alla combinazione delle parole assimilate, quest’ultima viene sviluppate in fasi successive e viene impreziosita anche dalla capacità del fanciullo di variare l’utilizzo dei termini acquisiti, in modo da generare pseudo frasi con significati specifici.
Verso i 18-24 mesi il bambino sviluppa la capacità di formulare delle vere e proprie frasi. Le produzioni verbali in cui il fanciullo si impegna in questa fase dello sviluppo linguistico, acquistano un carattere telegrafico. Infatti, il bambino non è ancora giunto ad una maturazione comunicativa tale da utilizzare congiunzioni e verbi e quindi si limita a pronunciare delle frasi semplici, in cui le parole si susseguono senza legami. Già in età prescolare la situazione cambia. Infatti, il fanciullo, nell’esprimersi si impegna nell’utilizzo dei plurali, gli ausiliari e le proposizioni.
Ma è solo in età scolare che il bambino si distingue per la sua capacità di trasformare una frase in diverse forme, tra cui quella interrogativa, negativa ed interrogativa. Per quanto riguarda lo sviluppo linguistico- comunicativo, diversi sono stati gli approcci con cui gli studiosi hanno cercato di spiegare come l’abilità dei bambini di esprimersi si perfeziona nel tempo. Chomsky ad esempio, a differenza di coloro che sostenevano che il linguaggio si sviluppava grazie alle influenze ambientali, era fermamente convinto che il linguaggio non fosse oggetto di apprendimento, ma che facesse parte del processo di maturazione come patrimonio innato. Grazie poi all’interazione con l’ambiente poi, questo meccanismo innato, da primitivo tende ad affinarsi sempre di più fino a diventare perfetto. In ogni caso, è sempre utile per i genitori e per i formatori impegnarsi a cercare di comprendere i processi che sottendono la capacità dei bambini di compiere determinati gesti e determinate azioni, che all’apparenza possono apparire piuttosto casuali e automatiche, ma che in realtà implicano una serie di funzioni importantissime che meritano di essere analizzate.
È certo che dopo aver letto quest’articolo presterete molta più attenzione anche alle più semplici azioni quotidiane dei vostri piccoli, cercando di assimilare e di comprendere il più possibile i meccanismi che le regolano.