Da sempre il dolore pelvico-addominale viene minimizzato nella donna, ascritto ad una caratteristica fisiologica a cui bisogna abituarsi, che bisogna sopportare. Solo negli ultimi anni il dibattito medico e sociale si è aperto alla possibilità che anche il dolore strettamente connesso ai cicli ormonali e all’utero debba essere opportunamente validato e trattato. Patologie come l’endometriosi scavalcano però anche questa soglia, inducendo effetti fisici e morali altamente debilitanti.
Condannata al silenzio perché spesso asintomatica, questa disfunzione ha causato problemi a milioni di donne per decenni. Si tratta per altro di una malattia non semplice da diagnosticare, che resta senza nome e senza cura in molti casi. La storia di Giorgia Soleri non è diversa da quella di altre donne che in preda a dolori lancinanti si sono sentite dire di essere in ottima salute e di non avere nulla di cui preoccuparsi.
Qualcosa invece c’era eccome, e le cicatrici ne sono testimoni. Quando il dolore è diventato intollerabile la modella ed influencer si è vista costretta a chiedere aiuto. Dopo un lungo e difficile percorso, fatto di incertezze e sofferenze, ha ottenuto finalmente la diagnosi: endometriosi ed adenomiosi.
I sintomi erano talmente imponenti da portarle vomito e perdita di conoscenza per via del dolore, eppure ci sono voluti anni prima di ottenere delle risposte. Nella Giornata mondiale dell’endometriosi ha scelto di condividere la sua esperienza sui social, nella speranza di aiutare coloro che perse nel dubbio non siano ancora arrivate ad una conclusione e continuino a soffrire.
Per 11 lunghi anni il dolore mi ha accompagnata, ha iniziato ad attanagliarmi le pelvi come una dolorosa cintura di spine anche quando non avevo le mestruazioni, anche durante la minzione, la defecazione, i rapporti.
Queste le sue parole per esprimere il disagio e il dolore di quei momenti. Circa cinque mesi fa ha subito un intervento chirurgico per la rimozione dei focolai di endometriosi, ed ha mostrato senza paura le sue cicatrici, dando finalmente voce e volto all’ombra.
Ad oggi una cura definitiva ancora non c’è. Gli anni di ritardo diagnostico continuano ad essere 7-10 pur colpendo (si stima, al ribasso) 1 persone assegnata femmina alla nascita su 10. Per questo è così importante questa giornata. Non possiamo cambiare il passato, ma forse possiamo provare a costruire un futuro diverso per chi, ancora oggi, si danna in un dolore senza nome e senza legittimazione.