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Si possono mangiare le fave in gravidanza

Sei in dolce attesa e ti stai chiedendo se si possono mangiare le fave in gravidanza? La risposta è si, a condizione che si presti attenzione ad alcuni importanti fattori. Scopriamo insieme quali sono.

Le fave, ricche di ferro, appartenenti alla famiglia delle Fabaceae, sono dei legumi che, a meno che non sussistano delle condizioni particolari, risultano essere un’ottima alternativa a ceci, fagioli, piselli ecc. Anche le donne in stato di gravidanza possono consumarle, a condizione di rispettare qualche prescrizione.                                                     Simili ai fagiolini, le fave sono racchiuse in dei baccelli e si presentano di un color verde acceso. Si possono apprezzare soprattutto in primavera, e sono consigliate nelle diete a basso contenuto calorico e in quelle che non comprendono proteine animali.

Quando evitare di mangiarle

Se è vero che le fave sono un ottimo alimento e possono comportare dei benefici per tutto il nostro organismo, in alcuni casi è meglio evitare di mangiarle, e talvolta, anche di annusarne l’odore, se affetti da favismo.                          Le fave, ad alto contenuto glicemico, sono sconsigliate in tutti quei casi in cui la futura mamma soffre di diabete o laddove esiste il rischio che si sviluppi il diabete gestazionale. Stesso discorso vale se la gestante è in terapia con degli anti-coagulanti, poiché in quanto ricca di vitamina K, può interferire nella corretta assimilazione della terapia. Inoltre, se la futura mamma non risulta immune alla toxoplasmosi, è necessario prestare attenzione quando si consumano le fave crude, queste infatti devono essere lavate in modo tale da eliminare il rischio di contrarre la malattia. Sarebbe preferibile eliminare completamente le tracce di eventuale terriccio, lavare sotto l’acqua corrente e ripetere l’operazione con un disinfettante per alimenti capace di uccidere i batteri, avendo l’accortezza di avere le mani ben pulite quando si consumano. Se non esistono controindicazioni per il consumo, e vogliamo mangiarle in tutta sicurezza, per scongiurare al massimo il rischio di contrarre la toxoplasmosi, possiamo cuocerle e servirle ad esempio in insalata, condite con olio EVO al naturale.

Il favismo e il rischio connesso

Ci sarà capitato di sentir parlare di favismo, una condizione che interessa soprattutto la Sardegna e che colpisce una gran parte della popolazione isolana. In che cosa consiste questa condizione? Il consumo delle fave, comporta nel soggetto fabico o affetto da favismo, la distruzione dei globuli rossi, con conseguente crisi emolitica. Una situazione che può determinare diversi stadi di gravità, dall’insorgenza di ittero, con la caratteristica colorazione giallastra della cute e degli occhi, fino ad una vera e propria crisi emolitica, avvelenamento del sangue che richiede una “pulizia” dello stesso.                                                                                                                                                                                                Giusto ricordare che da una mamma non fabica o portatrice sana di favismo, può comunque nascere un bambino fabico, ragion per cui, anche durante l’allattamento, è bene evitarne il consumo se esiste la possibilità che il bambino ne possa essere affetto, poiché attraverso il latte materno, si creerebbe una situazione di pericolo per il piccolo.      Prima di consumare le fave quindi, se già in famiglia esistono casi, è meglio sottoporsi al test che escluda la carenza dell’enzima chiamato in causa, il Glucosio-6-fosfato-deidrogenasi o (G6PD carente), in modo da scongiurare eventuali rischi legati all’ingestione del legume.

Perché le fave fanno bene?

Le fave, fresche o secche, sono un alleato del benessere del nostro organismo e hanno la potenzialità di portare beneficio in quasi tutti gli apparati e sistemi del nostro corpo.                                                                                                Tra le qualità delle fave, possiamo vantare in prima battuta della bassissima quantità di grassi in esse contenuti. Queste infatti, se non ci sono controindicazioni al consumo, rappresentano un alimento ricco di sali minerali, potassio, calcio, sodio, fosforo e magnesio, ma anche selenio e rame, inoltre sono particolarmente ricche di ferro e indicate in tutte quelle condizioni in cui si verifica uno scarso assorbimento di ferro e la necessità di incrementarle l’assunzione, non per ultimo, non dobbiamo dimenticare che questo legume risulta un ottimo integratore di vitamine, tra cui molte vitamine del Gruppo B, in primis la vitamina B6 utile per il sistema nervoso, e quelle del gruppo E, acido folico, vitamina A e vitamina C, risultando un toccasana soprattutto nel delicato periodo della gravidanza, e grazie alla presenza del L-dopa, un aminoacido, offre dei benefici importanti migliorando la concentrazione di dopamina nel cervello. Anche il fisico gode dei benefici delle fave grazie alla presenza di lisina e arginina, aminoacidi che conferiscono forza e tonicità ai muscoli. Importante anche l’elevato apporto proteico che queste sono in grado di fornire, ideali anche nelle diete vegetariane e vegane, accompagnate ai cereali, possono fornire un apporto proteico equivalente a quello proveniente da alimenti animali. Ricche di fibre, aiutano la futura mamma a contrastare eventuali disturbi legati all’apparato gastrointestinale, combattendo la stitichezza e la pigrizia intestinale.

Cosa fare in gravidanza: mangiare fave si o no

Se vogliamo toglierci ogni dubbia sull’argomento ma non abbiamo abbastanza informazioni e soprattutto non siamo a conoscenza del fatto se siamo o non siamo fabiche, la cosa migliore da fare, prima di mangiare fave durante la gravidanza, è parlarne con il medico e sottoporci al test che ne esclude o conferma la presenza. sarà utile che anche il futuro papà si sottoponga al test e alla nascita, nel caso in cui uno dei due genitori dovesse risultare fabico, dovrebbe essere sottoposto a sua volta al test, questo perché le persone affette da favismo, non soltanto devono stare attente a non consumare le fave e talvolta anche i piselli, capaci di scatenare sensibilità ed effetti spiacevoli, ma soprattutto per il contenuto di alcuni farmaci assolutamente vietati ai fabici, come ad esempio il principio attivo dell’aspirina, l’acido acetilsalicilico.

Favismo tra mito e realtà

Il favismo, o “malattia delle fave”, è un difetto genetico che a causa della carenza di un’enzima, il Glucosio 6 fosfato deidrogenasi, ingerendo alcuni alimenti, quali fave, piselli e verbena, scatena una immediata reazione -entro le 48 ore dal consumo- molto pericolosa e che può mettere seriamente a rischio la salute della persona, provocando la tipica colorazione itterica e crisi emolitiche gravi.                                                                                                                  Tipico delle regioni meridionali, è presente soprattutto in Sardegna e si trasmette attraverso il cromosoma X,  con un incidenza maggiore di malati di sesso maschile rispetto alle donne, che risultano però essere spesso portatrici sane della malattia.                                                                                                                                                                                           I soggetti fabici, sono fabici fin dalla nascita, e rimarranno fabici per tutta la vita. Non è vero che si diventa fabici e non è vero che si è fabici a periodi. Non esistono cure per trattare “la malattia” ma  solo un trattamento da attuare immediatamente nei casi in cui un fabico mangi fave e sia vittima di crisi emolitica, ossia una trasfusione di sangue immediata.

Se tu mamma, sai di essere fabica, oltre ad evitare di mangiare le fave, informati con il tuo medico di fiducia per avere un quadro più chiaro rispetto agli altri eventuali alimenti e farmaci da evitare scrupolosamente, in gravidanza e  on, per evitare di imbatterti una crisi emolitica. Il favismo infatti, è una condizione che esclude l’introduzione di determinati alimenti o farmaci, ma che non preclude la normalità della vita quotidiana. Il favismo infatti, rappresenta un pericolo soltanto durante la fase acuta, ma che non causa disturbi e non da nessun tipo di sintomo se non dopo l’ingestione delle fave, dei piselli e dopo l’assunzione di determinati farmaci. Attraverso la diagnosi prenatale, è possibile scoprire precocemente, nelle situazioni in cui la mamma abbia avuto complicazioni legate al favismo, se lo stesso neonato risulta affetto dalla stessa carenza dell’enzima chiamato in causa.