L’accesso intraosseo, o infusione intraossea, è un metodo introdotto negli anni ’20 e utilizzato come procedura di emergenza per la gestione di un arresto di tipo cardiocircolatorio nei pazienti in età pediatrica. Ci sono alcune linee guida che vanno seguite in questi casi. È consigliato somministrare farmaci utilizzando l’accesso intraosseo se si ha a che fare con pazienti in arresto cardiocircolatorio o in shock ipovolemico. Questo perché, in queto casi, la velocità di azione è di vitale importanza e non sempre s può reperire velocemente un accesso classico.
Cenni storici
L’accesso intraosseo fu proposto da Drinker e Lund nel 1922, i quali “…esaminarono la circolazione dello sterno e proposero il concetto di spazio intraosseo come vena non cedevole. Dimostrarono che le sostanze infuse nel midollo osseo raggiungono rapidamente la circolazione centrale.” Alcuni studi del 1940 hanno dimostrato l’utilità dell’utilizzo della via intraossea per la somministrazione di sangue e derivati. “Nel 1945 è stata utilizzata in maniera efficace da un operatore di volo di un B29 severamente colpito durante una missione nei cieli del Giappone, allorché il reperimento di un accesso intraosseo e la successiva infusione di plasma permise di ritardare gli effetti dello shock emorragico in un grave ferito favorendone la stabilizzazione fino al trattamento definitivo”.
Successivamente questa tecnica è stata quasi totalmente abbandonata per la sua complessità, per la resistenza incontrata durante l’infusione dei farmaci ed inoltre perché veniva spesso riscontrata setticemia come complicanza. L’accesso intraosseo venne poi rivalutato negli anni ’80 dal pediatra James Orlowsky, che salvò molti bambini in gravi condizioni. Oggi questa tecnica è molto utilizzata dalle Forze Armate americane ed europee ma non solo per l’infusione di sangue ed emoderivati, ma anche per l’infusione di altri farmaci e fluidi quali cristalloidi e colloidi ad eccezione dei chemioterapici. “Attraverso la via intraossea è possibile somministrare qualunque tipo di farmaco e fluido compresi sangue e plasma, ed è possibile eseguire prelievi ematici”. Non dimentichiamo poi quanto sia stata d’aiuto questa tecnica al personale sanitario durante le più grandi catastrofi, come il terremoto de L’Aquila ed Haiti. Particolarmente d’aiuto lo è stata per i bambini haitiani colpiti da colera migliorando in tempo breve le loro condizioni grazie all’immediata infusione di farmaci.
Sedi di inserzione
Identifichiamo diverse sedi per l’inserzione dell’ago, ma le più utilizzate sono l’omero, la tibia prossimale, la tibia distale, il radio e lo sterno. Vediamole nel dettaglio:
- omero: il sito omerale si ottiene posizionando il paziente in posizione supina con le braccia vicino al corpo e le mani sopra l’ombelico. Palpando la spalla del paziente si cercano i processi di acromion e di coracoid, che rappresentano i punti per il posizionamento del pollice e dell’indice dell’operatore. Si immagina una linea tra pollice e indice e dal punto medio ci si sposta distalmente di 2 cm verso la testa dell’omero. L’omero è un osso molto vicino alla circolazione centrale, perciò, permette un tempo di assorbimento molto minore rispetto agli altri siti di inserzione. Una volta reperito l’accesso bisogna porre molta attenzione all’immobilizzazione dell’arto per non danneggiarlo durante il trasporto o le manovre di rianimazione.
- tibia prossimale: si raccomanda l’inserimento dell’ago a circa 2 cm sotto la rotula e 2 cm distante dalla tuberosità tibiale, in corrispondenza del piatto tibiale. Gli studi letterari hanno dimostrato che in caso di assenza della sacca a pressione, l’infusione di farmaci è più rapida in questa sede. È inoltre il sito consigliato in caso di rianimazione cardiopolmonare per scarso livello di disturbo.
- tibia distale: L’ago sarà inserito distale in corrispondenza della giuntura piatta e del corpo tibiale, sulla superficie piatta della tibia distale a circa 3 cm sopra il malleolo mondiale
- radio: l’ago va inserito nella metafisi posteriore distale del radio (opposta all’area del polso radiale).
- sterno: si inserisce l’ago in perpendicolare sul manubrio sternale al di sotto dell’incisura giugulare.
Cosa somministrare
Come già detto si possono somministrare tutti i farmaci e liquidi ad eccezione dei chemioterapici. I farmaci più utilizzati sono: fibrinolitici, sedativi e bloccanti neuromuscolari. Si possono infondere anche sangue con i suoi derivati. Le dosi da infondere sono le stesse di quelle utilizzate per la via venosa classica. Alcuni studi hanno confermato l’utilizzo di questo accesso anche per l’infusione di mezzi di contrasto.
La velocità di infusione misurata come portata (ml/min) è significativamente maggiore nella tibia prossimale (circa 30 ml/min) e nell’omero distale (circa 80 ml/min) rispetto alla tibia distale, ma l’utilizzo di una sacca a pressione aumenta notevolmente la portata qualunque sia il sito d’inserzione scelto.
Tipi di device
Fondamentalmente, le metodiche di posizionamento del CI sono 3:
- tecnica manuale: si utilizza un ago che si deve introdurre nel trocar (l’introduttore rimuovibile). Il trocar aiuta a prevenire la formazione di microfratture ossee (o vere e proprie fratture) durante l’inserimento. È una tecnica di facile esecuzione.
- Tecnica con trapano elettrico. Si tratta di un metodo che si basa sull’utilizzo di uno speciale strumento che trapana l’osso e posizione l’ago.
- Tecnica dell’inserimento guidato. Si tratta di una tecnica che non può essere usata nella rianimazione e prevede l’utilizzo di 2 strumenti. Il primo serve a valutare la profondità dell’inserimento mentre il secondo è un dispositivo a molla. Questa tecnica non può essere utilizzata in caso di rianimazione cardiopolmonare in quanto è difficile, in alcune circostanze, raggiungere lo sterno.
- Preparazione del carrello
Per ottenere un adeguato accesso intraosseo, è buona norma preparare preventivamente un carrello con il materiale da utilizzare e un carrello d’emergenza in caso di complicanze e reazioni ai farmaci o ai liquidi che andremo ad infondere. Sul carrello quindi disponiamo:
- guanti puliti per tutta la procedura;
- guanti sterili che indosserà il secondo operatore per il posizionamento dell’ago sul trapano;
- garze sterili per disinfettare la zona d’inserzione;
- disinfettante a base di iodopovidone al 10% di iodio;
- lidocaina al 2% per anestetizzare la sede;
- trapano;
- ago per il trapano di grandezza adeguata all’età del paziente;
- set di fissaggio dell’ago;
- siringhe da 5 ml per aspirare e da 10 ml per infondere;
- set per infusione.
Il carrello di emergenza invece verrà preparato con:
- adrenalina;
- cortisone;
- antistaminici:
- materiale per bendare e steccare in caso di frattura, quindi: stecca rigida, fasce elastiche, forbici e cotone idrofilo.
Gestione dell’accesso e del dolore
Ci sono quattro step da seguire dopo aver reperito l punto di accesso osseo
- Aspirare 5 cc di sangue per controllare la zona e il posizionamento;
- Somministrare 40 mg lidocaina al 2%
- Lavare la zona usando 10 cc di soluzione fisiologica dopo 15 secondi
- Tornare a somministrare 20 mg di lidocaina per il dolore
Bisogna precisare che, una volta inserito, l’accesso intraosseo può restare in sede per massimo 24 ore, durante le quali l’operatore dovrà reperire un accesso venoso classico o un catetere venoso centrale.
È opportuno segnalare che esiste una scala secondaria pensata proprio per i bambini, su cui sarebbe dunque più ragionevole soffermarsi per valutare la reale percezione del dolore dei pazienti pediatrici: stiamo parlando della Pediatric Glasgow Coma Scale.
Criteri di utilizzo
L’accesso intraosseo viene utilizzato principalmente nel caso in cui reperire un accesso venoso periferico risulta complicato o quando è necessario praticare venipunture multiple in tempi brevi. L’accesso intraosseo è consigliato nei seguenti quadri clinici:
- dolore intollerabile;
- shock ipovolemico;
- sepsi nei primi stadi;
- cure palliative;
- ostruzione dell’accesso venoso periferico o centrale in emergenza;
- in caso di fallimenti in sequenza dell’accesso classico in fase preopratoria;
- coscienza alterata, disidratazione, aritmie, ustioni, ipotensione, arresto cardiaco e in genere nelle emergenze medico-chirurgiche nelle quali è necessario un accesso vascolare immediato, ma il normale accesso endovascolare è difficile.
L’accesso intraosseo inoltre vede particolare applicazione nel bambino politraumatizzato per assicurare un adeguato apporto volemico. Questa tecnica ha il vantaggio non richiedere il controllo radiografico post inserimento, inoltre permette di ottenere rapidamente un campione di midollo osseo utile per eseguire precocemente una diagnosi differenziale.
Complicanze e controindicazioni
Situazioni in cui non si dovrebbe reperire un AI:
precedente intervento chirurgico nel quale sono stati posizionati presidi, placche, viti o protesi in corrispondenza del sito dove si intende inserire il CI;
- segni di infezione in corrispondenza del sito o dell’osso in cui si intende inserire il CI;
- impossibilità di individuare con esattezza i margini dell’osso nel punto d’inserzione.
- compromissione della vascolarizzazione a livello locale;
- impossibilità di individuare con esattezza i margini dell’osso nel punto d’inserzione.
- frattura ossea in corrispondenza del sito dove si intende inserire il CI
- precedenti tentativi nelle 24 ore di reperimento di un AI nello stesso osso;
Gli errori più frequenti nel posizionamento dell’accesso intraosseo sono:
- la mancata stabilità dell’estremità dell’arto per evitare il movimento;
- densità ossea e pressione troppo elevata;
- mancato controllo del dolore;
- mancata irrigazione dello spazio midollare;
- mancata puntura dell’ago attraverso la pelle e di nuovo troppa pressione;
- può essere usato un ago troppo lungo. Non è stata valutata correttamente la scelta delle attrezzature.