Per congedo di maternità si intende l’astensione obbligatoria dal lavoro durante gli ultimi mesi della gravidanza e i successivi 3 mesi dopo il parto. Se sei una futura mamma lavoratrice e sei poco informata su quali diritti ti spettino in maternità ti consigliamo di prendere un appuntamento con il patronato più vicino.
Ma di leggere anche questa guida sul congedo di maternità in cui ti forniremo tutte le info necessarie. In questo modo saprai come comportarti sul lavoro e conoscerai i tuoi diritti garantiti dal D.Lgs. 151/2001.
Cosa dice la legge?
Come dicevamo il congedo di maternità non è altro che l’astensione obbligatoria dal lavoro durante la gravidanza e i primi mesi dopo il parto. In questo periodo non è prevista una retribuzione ma un’indennità economica che la sostituisce.
Il “Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità“, è il D.Lgs. 151/2001 che disciplina il congedo obbligatorio di maternità. E che vieta ai datori di lavoro di far lavorare per 5 mesi complessivi la dipendente in gravidanza.
Come abbiamo detto poco sopra la legge parla di 5 mesi complessivi che solitamente sono così divisi:
- I due mesi precedenti la dpp (data presunta del parto)
- Il periodo intercorrente tra la data presunta e quella effettiva del parto
- I successivi tre mesi dopo il parto. La data del parto dovrà essere comunicata con un certificate da presentare in 30 giorni.
Oltre ai diritti, validi una sola volta per figlio, la lavoratrice ha anche dei doveri. Il primo è appunto di non lavorare nei due mesi antecedenti la data del parto e anche nei tre mesi successivi. Tuttavia i 5 mesi previsti nel congedo di maternità possono essere rimodulati anche in modo diversi.
Tale facoltà è concessa sia dall’articolo 20 del D. Lgs. 151/2001 e anche dall’art. 1 della L. 145/2028 (legge di bilancio 2019). Vediamo quindi insieme come suddividere i 5 mesi di astensione dal lavoro.
- La lavoratrice in stato di gravidanza che non presenta problemi né a sé stessa e nemmeno al nascituro, può iniziare il congedo di maternità non due mesi prima della data presunta del parto, ma uno. Così facendo avrà diritto a 4 mesi, invece di 3, da sfruttare una volta nato il bambino. Per poter rimodulare in questo modo i mesi di astensione dovrà sottoporsi entro il settimo mese di gravidanza a una visita con un ginecologo del SSN (Servizio Sanitario Nazionale) o convenzionato. Successivamente dovrà sottoporsi a un’altra visita con il medico competente del lavoro ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro ai sensi del D. Lgs. 81/2008. Una volta ottenuto il via libera e con l’apposita documentazione, dovrà presentare richiesta all’INPS entro la fine del settimo mese, recandosi di persona a un Patronato o Caf, chiamando il contact center o utilizzando i canali messi a disposizione dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.
Successivamente alla richiesta il periodo di astensione può essere ridotto. La lavoratrice ha infatti tutto il diritto di ampliare ulteriormente il suddetto periodo di astensione prima della data prevista del parto, a causa, ad esempio, dell’insorgenza di una malattia.
La domanda deve necessariamente essere inoltrata prima dei due mesi che che precedono la dpp e mai oltre un anno dalla fine del periodo da indennizzare. In quest’ultimo caso la pena prevede la perdita del diritto all’indennità. Successivamente al parto, come dicevamo poco più sopra, la neomamma deve comunicare la data di nascita del figlio e le sue generalità entro 30 giorno dalla data del parto.
Se quindi la vostra gravidanza è fisiologica e ve la sentite di lavorare un mese in più rispetto a quanto previsto, queste sono le indicazioni su cosa dovete fare per chiedere la rimodulazione dei 5 mesi previsti dal congedo di maternità. Sono molte le donne che preferiscono godersi un mese in più con il proprio bambino e decidono quindi di tornare a lavoro dopo il compimento del suo quarto mese di vita.
Alcuni casi particolari da tenere in considerazione
Il Decreto Legislativo che disciplina il congedo di maternità, prevede la possibilità che sussistano anche alcuni casi particolari. Purtroppo non sempre la gravidanza è fisiologica e trascorre senza problemi. Ci sono moltissime donne che a causa di minacce di aborto, distacchi della placenta o altri disturbi, sono costrette a trascorrere tutti e 9 mesi a letto.
Oppure che non possono assolutamente fare sforzi e quindi non riescono a lavorare. In questo caso la legge italiana prevede l’interdizione anticipata. Che è possibile richiedere in determinate situazioni:
- Gravi complicanze della gravidanza. In questo caso basta un certificato medico della Asl.
- Condizioni ambientali o lavorative non idonee allo stato di salute della lavoratrice in gravidanza e al bambino. Saranno l’Itl, la gestante e l’azienda a richiedere l’interdizione anticipata.
- Le normali attività lavorative della donna in gravidanza prevedono lo svolgimento di lavori pesanti, insalubri, pericolosi e l’esposizione di agenti nocivi classificati nell’allegato B del D. Lgs. 151/2001. Anche in questo caso l’astensione anticipata può essere disposta sia dall’azienda, dalla gestante e dall’Itl.
In tutti e tre suddetti casi previsti dalla legge questo periodo di interdizione anticipata viene considerato esattamente come l’astensione obbligatoria.
Ulteriore rimodulazione dei 5 mesi
È possibile rimodulare ulteriormente i 5 mesi previsti dal congedo di maternità. Lo prevede l’art. 1, comma 485 , della legge 145/2018 (legge bilancio 2019) che ha aggiunto il comma 1.1 all’art. 16 della legge 151/200 e che stabilisce un’ulteriore alternativa a quelle di cui vi abbiamo già parlato (due mesi prima + 3 mesi dopo, o 1 mese prima + 4 mesi dopo).
Secondo le suddette modifiche la lavoratrice in gravidanza può usufruire di tutti e 5 mesi di astensione previsti dal congedo di maternità dal giorno successivo alla data del parto. Se è questa la modulazione che preferite, vi spieghiamo come dovete muovervi per tempo.
Anche in questo caso dovrete sottoporvi a una visita con un medico specialista del Servizio Sanitario nazionale (SSN) o convenzionato e se presente, anche con il medico del lavoro. Entrambi dovranno attestare che la suddetta possibilità non possa in alcun modo arrecare danno alla vostra salute e nemmeno a quella del bambino. Il certifico dovrà quindi stabilire l’assenza di pregiudizio fino alla dpp (sigla che indica la data presunta del parto), o anche finito alla data reale del parto nel caso dovesse essere successiva a quella presunta.
Una volta ottenute le documentazioni necessarie toccherà a voi fare la richiesta all’Istituto di Previdenza Nazionale e Sociale (INPS) entro la fine del settimo mese di gravidanza. Potete fare richiesta da sole sul sito dell’Inps, chiamando ai numeri suggerito oppure potreste farvi aiutare da un Caf o un Patronato. Se invece desiderate altre informazioni potete consultare la circola INPS n. 148 del 12/12/2019.
Parto prematuro e ricovero del bambino
C’è anche un’altra situazione diversa dalle altre che potrebbe verificarsi: il parto prematuro. La futura mamma lavoratrice ha diritto anche in questo caso ad usufruire per intero del congedo di maternità. E questo vuol dire che nel caso in cui il parto avvenga in anticipo rispetto alla data presunta, il giorni non goduti prima della nascita verranno aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. E questo vale anche nel caso in cui la somma dei periodi superi il limite complessivo degli ormai famosi 5 mesi.
Inoltre nel caso in cui il bambino venga ricoverato sia in una struttura pubblica che in una privata, la mamma lavoratrice ha pienamente diritto a richiedere la sospensione del congedo di maternità e di godere dell’astensione dal lavoro a partire dalle dimissioni del bambino.
E questo è tutto ciò che dovete sapere sul congedo di maternità. Nel caso in cui abbiate ancora qualche dubbio non esitate a contattare l’Inps o il Patronato più vicino. Nel frattempo vi lasciamo a un’altra utile guida, quella sui bonus economici che vi aspettano in gravidanza.