L’encopresi rappresenta una condizione patologica tipica dell’età pediatrica, si può definire tale quando manifestata dopo il 4° anno di età e si riferisce al fenomeno della defecazione volontaria o involontaria all’interno dei vestiti in luoghi e momenti inappropriati per il background culturale e sociale posseduto.
L’etimologia del termine è da far risalire al greco per cui la traduzione letterale significhi defecare dentro.
L’incidenza è maggiore nei maschi che nelle femmine con un rapporto di circa 1,5 a 1 e l’età di esordio è generalmente compresa prima del 5° anno (ma ricordiamo dopo il 4° per poter essere definita tale).
Tipi di encopresi, quando il bambino fa la “cacca addosso”
L’encopresi è differenziabile, almeno in base alla tipologia, in base a un unico grande criterio: se il bambino abbia raggiunto o meno il controllo degli sfinteri. Si definisce encopresi primaria quando il bambino non ha mai raggiunto questo controllo, vale a dire non abbia avuto un periodo di vera e propria gestione dello stimolo; si definisce encopresi secondaria quando vi sia stato un periodo di completa gestione dello sfintere anale.
Nel primo caso i fattori a causarla possono essere molteplici, compresa la pigrizia.
Cause dell’encopresi
La stragrande maggioranza dei bambini che ne sono affetti sperimentano la condizione in seguito a stipsi cronica, solo il 5% di loro presenta patologie disfunzionali dell’ano o ancora più raramente del sistema nervoso centrale (generalmente a livello del midollo spinale); ancora più rari sono i casi di stress emotivo, o psicologiche in senso ampio.
Nel complesso, l’eziologia completa è da ricondurre a quanto segue:
- Cause anatomiche e patologiche
- Stenosi anale
- Ragadi anali
- Stenosi post-chirurgiche di ano e retto
- Megacolon agangliare
- Morbo di Hirschsprung
- Defecazione dolorosa derivante da più fattori
- Ridotta motilità intestinale
- Assuefazione del sistema sensoriale propriocettivo viscerale
- Compressioni midollari
- Cause alimentari
- Assunzione di acqua molto limitata
- Eccesso di latte e proteine nella dieta
- Carenza di fibre
- Cause psicologiche
- Ansia e paura del vasino o del wc, oltre che del bagno stesso
- Idiosincrasia al tatto dei suddetti
- Eccesso nell’educazione al vasino e alla toilette
- Conflitti emotivi con la famiglia
- Associazione con abusi sessuali
La stipsi come causa maggiormente coinvolta rappresenta un must, pertanto è bene comprenderne a fondo le ragioni per prevenirla. Avendo comunque già precedentemente, in un altro articolo sopra linkato, considerato la stitichezza nel bambino, vogliamo inquadrarla direttamente in relazione al fenomeno dell’encopresi.
La stipsi potrebbe insorgere nelle occasioni più disparate e, in tutti i casi, più a lungo le feci vengano trattenute più sarà difficile eliminarle a causa dell’aumento del loro volume secondario al richiamo di acqua nel retto e della loro consistenza. Questa evenienza comporta fastidio e dolore ingravescente al passaggio del materiale fecale, ragion per cui il bambino tenterà sempre più spesso di differire le successive evacuazioni. In questo caso non è suggerito l’immediato impiego di metodi lassativi o perette, piuttosto sarà opportuno aspettare l’evolvere della situazione: qualora ciò non avvenisse andrà contattato il pediatra.
L’acquisizione dell’istinto alla continenza fecale si ottiene, di norma, tra il 2° e il 3°anno di vita e corrisponde al progressivo abbandono del pannolino a cui corrisponde anche l’acquisizione della continenza urinaria. Il manifestarsi di difficoltà nelle evacuazioni può essere legato all’esperienza di evacuazioni dolorose di feci dure con conseguente lacerazione della mucosa anale, come detto, e talvolta la sensazione dolorosa è innescata dal passaggio di feci nell’area perianale in cui non sono rare le dermatiti da pannolino.
Il quadro clinico che generalmente si presenta, successivamente al timore consapevole (o meno) di evacuare le feci, è dunque causato dall’incapacità del lattante di coordinare il pavimento pelvico ed effettuare la contrazione dei muscoli addominali. Quando il bambino si abitua alla distensione cronica del retto può non sentire più il bisogno di defecare normalmente ma la necessità di fondo, pur non avvertita, di emettere il materiale fecale continua a esistere, pertanto il processo termina con il passaggio di feci molli o poltacee (talvolta viene emesso anche liquido fecale). Al riguardo è opportuno rassicurare i genitori riguardo la normalità di un fenomeno che si risolve spontaneamente nell’arco di poche settimane e che è legato esclusivamente al normale processo di maturazione neurologica.
Come si arriva alla diagnosi
Il fenomeno deve essere sottoposto al pediatra, per poter escludere con assoluta certezza cause patologiche gravi alla base. La visita comprende la valutazione dello stato di salute generale, le indagini per evidenziare malattie sistemiche sottostanti, esami neurologici ed esame rettale; a proposito di questa ultima evenienza è giusto lasciare al medico la scelta se effettuare o meno l’indagine in base ai dati in possesso per non gravare ulteriormente sull’aspetto psicologico e intimo del bambino.
In caso di sospetto di cause gravi verranno dapprima escluse le disfunzioni tiroidee e gli squilibri elettrolitici, oltre naturalmente alla ricerca di VES e PCR per le sopracitate malattie sistemiche o stati infiammatori generali o particolari, questi ultimi sostenuti dall’indagine della calprotectina fecale. Agli esami ematochimici si accompagna una RX diretta addome e una radiografia del tratto sacrale della colonna vertebrale integrabile con RMN qualora il risultato sia dubbio.
Per affermare la presenza di un’encopresi psicogena occorre osservare il bambino e prendere nota dei suoi comportamenti. Il bambino con encopresi è un bambino solitario perché si vergogna di non riuscire ad essere come gli altri. Una volta valutati entrambi gli aspetti del disturbo è possibile quindi procedere con la diagnosi e la relativa terapia.
Ripercussioni sulla psicologia del bambino
La totale, o anche parziale, perdita della continenza fecale confonde il bambino e rende infastiditi i genitori che ipotizzano come volontario il gesto, probabilmente come segno di protesta atto a sporcare la biancheria, sé stesso e recare danno nella pulizia del tutto.
L’incapacità a gestire l’espulsione delle feci è umiliante anche e soprattutto per il bambino che vive con il timore di essere scoperto, in particolar modo quando sia con gli amici o con i suoi coetanei; ne consegue la messa in atto di una serie di strategie di “di mascheramento” che non necessariamente lo isolino nella pratica: i bambini possono, non di rado, far finta di nulla e semplicemente assumere atteggiamenti di indifferenza, gestendo soltanto le emozioni che accompagnano il problema. Il fatto che vengano messe in pratica tecniche di autodifesa tali di certo non limita il problema che spesso si manifesta e viene percepito da chi sia nei dintorni, questo causa depressione ed eccessiva dipendenza dalla presenza di un genitore che sia in grado di “salvarlo”. Vengono compromesse le attività sportive e ricreative non soltanto dei più piccoli ma anche di tutta la famiglia (si veda, ad esempio, la tappezzeria dell’auto sporcata, dei divani, etc.).
Come devono comportarsi i genitori
Per quanto precedentemente detto, i genitori dovrebbero non subire la frustrazione della circostanza e affrontarla in modo responsabile e soprattutto mettendo al centro le necessità dei più piccoli. Gli step da intraprendere sono pochi ed essenziali e, in soldoni, non devono assolutamente mortificare il bambino, bensì accoglierlo e comprenderlo. Alcuni semplici consigli vengono elargiti in questo articolo scritto da uno psicologo-psicoterapeuta.