Negli ultimi anni il parto in acqua sta diventando una pratica sempre più richiesta e, talvolta, anche consigliata alle future mamme; sebbene venga considerata ancora una procedura in fase sperimentale, sono tanti gli ospedali in Italia che si stanno attrezzando per il suo corretto svolgimento e sono tante le donne che l’hanno vissuta come un’esperienza positiva, testimoniando i suoi benefici.
Pertanto, vediamo insieme in cosa consiste, quali sono i possibili rischi e benefici per la mamma e il nascituro.
Che cos’è il parto in acqua
Il parto in acqua consiste nel partorire all’interno di una vasca di acqua tiepida; essendo ancora considerata come una pratica sperimentale dal “Committee on Fetus and Newborn” della American Academy of Pediatric, è importante che chi decide di dare alla luce il proprio bambino seguendo questa procedura, venga informato in maniera opportuna su tutti i vantaggi e gli svantaggi che si potrebbero presentare e che il parto avvenga in una struttura attrezzata in maniera adeguata per l’esecuzione della pratica, al cospetto di personale altamente specializzato.
Il parto in acqua è una tecnica abbastanza recente, sviluppatasi a partire dal 1960 in Francia, grazie agli studi di alcuni ginecologi tra cui si ricorda Michel Odent, il primo a condurre un parto in acqua, che scrisse: “Travaglio e parto costituiscono una grande prova fisica: la donna si misura con il proprio corpo, ma anche con la propria mente, con le proprie paure, con il dolore e la capacità di sopportarlo. Nascere è un evento naturale e come tale si realizza, se al neonato è data la possibilità di passare dal liquido amniotico che avvolge il feto nella vita prenatale all’acqua della vita postatale”. Sono passati tanti anni dal primo parto in acqua, eppure l’argomento resta ancora molto discusso presso la comunità ostetrica e pediatrica; tuttavia, durante questi anni è stato possibile constatare sull’esperienza pratica che attualmente il parto in acqua rappresenta una valida e sicura alternativa al parto tradizionale (salvo controindicazioni mediche).
Nel Regno Unito, per esempio, la “House of Health Committee” nel 1992 ha emesso delle raccomandazioni per assicurare che tutti gli ospedali del paese fossero attrezzati in termini tecnici e di personale specializzato, per poter offrire alle donne la possibilità di scegliere la tipologia del parto in acqua, anche se all’epoca non vi era ancora alcuna conferma scientifica riguardo alla sicurezza di questa procedura.
Più avanti negli anni sono stati poi condotti degli studi su un campione di donne che scelsero il parto in acqua e da questi studi (condotti da Alderice,1995), emerse che non vi era alcuna evidenza scientifica tale da abolire la pratica e impedire alle donne di poter scegliere, eccetto in caso di gravidanza a rischio.
Nel 1999 in Inghilterra, Gilbert focalizzò l’attenzione sugli effetti del parto in acqua sui neonati e in base ai sui studi concluse che il tasso di mortalità e morbilità perinatale non era maggiore rispetto ai neonati nati da parto tradizionale.
Come si svolge il parto in acqua
La mamma viene invitata ad immergersi nella vasca, con una profondità di circa 70 cm e provvista di acqua tiepida, la cui temperatura viene mantenuta intorno ai 37° C per garantire un ambiente adatto alla temperatura corporea del neonato. Durante la fase del travaglio, la mamma ha piena libertà di movimento, quindi può stare accovacciata, seduta, può alzarsi e uscire e rientrare dalla vasca per quante volte vuole; pertanto, gli ospedali che offrono questo servizio devono garantire elevati standard di igiene, delle vasche e dell’ambiente in generale, nonché del personale. Il partner può assistere al parto e immergersi nella vasca con la propria compagna, ovviamente questo dipende molto dall’intimità della coppia e dal desiderio della donna in quel momento, perché spesso la donna può voler stare da sola. Al termine del parto, il neonato viene appoggiato sul ventre della mamma o attaccato al seno per favorire immediatamente l’instaurarsi del rapporto madre-figlio; dopo la fase espulsiva, resta il secondamento (espulsione della placenta) che avviene circa entro 15 minuti dopo il parto, in questo caso la mamma può scegliere se rimanere in acqua o uscire dalla vasca.
Vantaggi del parto in acqua
La gravidanza e il parto come sappiamo rappresentano uno dei momenti più belli ed intensi nella vita di una donna; tuttavia, ogni donna comincia contemporaneamente ad avvertire tante ansie e paure legate, non solo alla gestione del bambino dopo la nascita, ma anche alla paura del dolore durante il parto, a tal proposito studi internazionali confermano che durante la fase del travaglio, restare immersa in acqua tiepida può esercitare un effetto rilassante sul corpo, aiutando la partoriente a percepire meno dolore e, di conseguenza, a ridurre l’utilizzo dell’anestesia epidurale.
La sensazione di rilassamento che stimola il contatto con l’acqua tiepida, induce la produzione di endorfine (ormoni del piacere), che sortiscono un effetto analgesico e, contemporaneamente, diminuisce la produzione di catecolamine che vengono normalmente sintetizzate in condizioni di agitazione e stress. Oltre ai benefici dati dall’acqua tiepida, elemento importante è anche l’ambiente, in questo caso rappresentato dalla vasca; quella utilizzata per il parto in acqua ha una capacità di 600 litri, per cui è abbastanza grande, tale da consentire alla donna di immergersi bene (aumentando la spinta idrostatica) e di avvertire quella sensazione di leggerezza che tutti proviamo quando ci immergiamo ad esempio in una piscina, o al mare ecc. In virtù di questa sensazione di leggerezza, la donna riesce a cambiare posizione più facilmente e questo la rende maggiormente collaborativa durante il travaglio.
Un’altra proprietà importante dell’acqua è quella di diminuire l’intensità con cui le contrazioni vengono percepite; questo è favorito sia dalla temperatura tiepida dell’acqua (37°C), sia dall’effetto massaggio che crea l’acqua e lo spostamento in acqua sul corpo; tale effetto determina l’invio continuo di stimoli al sistema nervoso, occupando in questo modo tutte le terminazioni nervose (o gran parte), creando un ostacolo al passaggio degli stimoli dolorosi e riducendo, di conseguenza, la sensazione di dolore. Infine, la fase del passaggio del neonato attraverso il canale del parto risulta essere meno intensa, questo perché i tessuti del canale vaginale sono più elastici in presenza di acqua e l’epistomia non viene quasi mai praticata.
Ultimo beneficio che viene spesso riportato dalla mamme è che l’immersione nella vasca di acqua tiepida fornisce una maggiore soddisfazione materna, perché aumenta il senso di controllo della mamma sul proprio corpo, in quanto non viene “distratta” dall’eccessivo dolore.
Svantaggi del parto in acqua
Per quanto riguarda gli svantaggi del parto in acqua, come abbiamo esposto in precedenza, dagli studi effettuati durante gli ultimi anni non sembrerebbe che ci siano rischi legati esclusivamente a questa pratica; ciò vuol dire che le complicanze che possono derivarne hanno la stessa incidenza e frequenza di quelle che possono insorgere in caso di parto tradizionale.
Una domanda abbastanza frequente è: c’è il pericolo che il neonato ingerisca l’acqua? Ebbene, questo non accade perché il neonato non respira con il meccanismo polmonare fino a quando non entra in contatto con l’aria, grazie ad un riflesso che prende il nome di “divining-reflex”; questo riflesso fa in modo che la glottide rimane chiusa in assenza di aria. Alcuni neonati aprono già gli occhi alla nascita, ma in acqua non costituisce nessun problema.
È doveroso sottolineare che gli effetti avversi teorizzati e descritti da i non sostenitori di questa pratica, sono rappresentati essenzialmente da un possibile maggiore rischio di infezioni neonatali e materne; rischio che può essere prevenuto seguendo minuziosamente le norme di igiene. Pertanto, più che di svantaggi legati al parto in acqua, possiamo parlare di controindicazioni.
Controindicazioni al parto in acqua
Il parto in acqua non rappresenta un rischio nel momento in cui la gravidanza non ha mostrato problematiche durante i 9 mesi e il travaglio è iniziato regolarmente; invece, in caso di neonato in posizione podalica, parto gemellare, neonato pretermine ed altre condizioni di rischio (anche materne), il parto in acqua non può essere eseguito, mentre se la mamma ha avuto un parto cesareo in precedenza, questo non rappresenta una controindicazione al parto in acqua.
Ovviamente, durante il parto in acqua i parametri vitali del feto vengono costantemente monitorizzati, in modo tale che in caso di un’anomalia, si invita la mamma ad uscire dalla vasca; oppure, se la stessa non riesce a sentirsi a proprio agio o, ancora, se dovesse esprimere l’esigenza di voler fare l’anestesia, la donna può sempre uscire dalla vasca e procedere con parto tradizionale senza alcun tipo di problema.
Dunque, possiamo affermare che esistono dei criteri da valutare per poter acconsentire alla richiesta di parto in acqua, e sono:
- la gravidanza fisiologica (cioè non a rischio);
- gravidanza non gemellare;
- gravidanza a termine (37-41 settimane);
- il neonato deve essere cefalico(non podalico o trasverso);
- i test sierologici (come quello per HIV) devono essere risultati negativi per la salvaguardia degli operatori;
- non ci devono essere in corso infezioni cutanee e febbre;
- il travaglio deve essere regolare.
Non tutti gli ospedali sono forniti delle attrezzature adatte al parto in acqua, per cui si consiglia a tutte le mamme che desiderano vivere quest’esperienza di informarsi bene sulle strutture presenti nel proprio territorio e di contattarle chiedendo tutte le informazioni necessarie.