Lo sviluppo psicomotorio dei bambini è un processo fondamentale, che include tappe fondamentali che i piccoli raggiungono durante la loro crescita. Cosa si intende con questo termine che magari abbiamo sempre sentito, ma sul quale non ci siamo mai soffermati abbastanza? Lo sviluppo psicomotorio è il processo con cui ogni bambino acquisisce una serie di abilità, che possono essere motorie, relazionali, emotive e cognitive, che gli permettono di interagire con l’ambiente in cui vive. E di partecipare attivamente a tutto quello che lo circonda.
Lo sviluppo psicomotorio coinvolge tutto il corpo e anche i cinque sensi dei piccoli (vista, udito, olfatto, gusto e tatto). Comprende tutte quelle azioni che messe in relazione tra di loro gli consentono di svolgere compiti basi, insieme ai progressi che la sua mente fa dalla nascita e fino ai tre anni di età. Anche perché appena nato ogni bambino non può controllare il suo corpo e i movimenti che compie li svolge in maniera assolutamente automatica. Ma mentre la sua mente si sviluppa e cresce, di conseguenza anche il corpo riesce ad acquisire sempre maggiori abilità.
Con il termine di sviluppo psicomotorio si intende quel processo maturativo grazie al quale ogni bambino apprende nuove competenze che gli consentiranno di “diventare grande”. Tali acquisizione avvengono per tappe e non esistono date di scadenza prestabilite, ma solo fasce d’età e periodi dell’età evolutiva in cui ci si aspetta che il piccolo impari a fare determinate cose. Le tappe possono essere viste come una sequenza di avvenimenti e conquiste importanti che accompagnano il bambino dalla nascita in poi. Lo sviluppo è naturale e può essere agevolato e accompagnato dagli adulti che assistono il piccolo, senza mai forzare i tempi.
Sappiamo, infatti, che ogni bambino è una storia a se. Ci sono piccoli che imparano prima, rispetto ai coetanei, a camminare, a parlare, a mangiare da soli o che acquisiscono prematuramente molte competenze. E altri bambini che hanno bisogno di più tempo per poter raggiungere gli stessi traguardi. Questa differenza di tempistiche non deve essere sempre vista come un disturbo dello sviluppo o un ritardo nello sviluppo. Bisogna tenere in considerazione, infatti, che la crescita di ogni bambino è sì composta da tappe fondamentali, ma che devono essere visualizzate nel loro insieme, secondo una sequenza che permette agli esperti di valutare se nostro figlio sta crescendo bene oppure se è meglio approfondire la situazione perché potrebbero esserci delle problematiche che è meglio affrontare insieme.
Le tappe dello sviluppo psicomotorio seguono la maturazione del sistema nervoso centrale. Lo sviluppo del SNC dipende in larga parte dal patrimonio genetico di ogni individuo. Ma anche l’ambiente in cui cresce gioca un ruolo fondamentale. Gli stimoli che i bambini ricevono da quello che li circonda li aiutano senza dubbio ad accelerare o a rallentare il processo di crescita.
Conoscere le diverse fasi che ogni bambino attraversa nella cosiddetta età evolutiva è fondamentale per capire se i comportamenti adottati dai nostri figli devono preoccuparci o meno. Di solito individuare per tempo possibili problemi o ritardi dello sviluppo consente una diagnosi precoce, che conduce a un intervento rapido per cercare di migliorare la prognosi del piccolo paziente.
Sviluppo psicomotorio nell’età evolutiva
Lo sviluppo psicomotorio dell’età evolutiva rappresenta il periodo che va dalla nascita e di solito fino al terzo anno di vita. Se ci pensiamo bene, è logico il perché di questa scelta: sono questi gli anni delle conquiste e delle scoperte più importanti, che portano un bebè appena nato a crescere e a diventare sempre di più “indipendente e autonomo”, soprattutto sotto certi aspetti. La quantità di abilità che i bambini imparano nei primi tre anni di vita è impressionante e lascia di stucco quando ci si ferma ad analizzare nel dettaglio tutte le competenze che dei piccoli esserini riescono ad apprendere in un lasso di tempo relativamente breve, se si tiene in considerazione l’arco dell’esistenza di una persona.
Quali sono nel dettaglio le abilità che un bambino acquisisce nei primi tre anni di vita?
- Si inizia con una motricità che diventa mese dopo mese sempre più autonoma. Infatti si passa da movimenti che sembrano casuali e da una condizione che non prevede una postura ben eretta a movimenti che non solo sono più complessi e articolati. Ma che permettono anche al piccolo di iniziare a muoversi nello spazio con consapevolezza. Senza più dipendere dalla mano di mamma e papà.
- Il bambino, inoltre, passa dal cosiddetto riflesso di prensione palmare, il tipico automatismo dei neonati che li spinge a tenere stretti tra le loro piccole manine tutto quello che gli capita a tiro, a una capacità maggiore di utilizzare le dita delle mani.
- Senza dimenticare, poi, che è nei primi tre anni di vita che il bambino comincia a sperimentare l’uso del linguaggio, via via sempre più articolato e “maturo”, fino ad arrivare a essere in grado di utilizzare molti vocaboli, fare frasi sempre più lunghi e ragionamenti anche complessi. Con le tipiche domande dei 3 anni si raggiunge sempre il massimo in questo senso!
- Infine, il bambino nei primi anni di vita inizia a relazionarsi con chi ha di fronte, iniziando a differenziare le persone con cui si relaziona e creando legami affettivi con chi è più presente nella sua vita (ecco perché spesso nei primi mesi di vita sembrano essere aperti e socievoli con tutti e poi a un certo punto iniziano a essere diffidenti di fronte alle persone che non conoscono o che vedono poco).
Le abilità che i bambini acquisiscono nelle diverse tappe previste riguardano:
- le competenze posturo-cinetiche, che consentono ai bambini di muoversi e camminare e che comprendono anche lo sviluppo della postura e della coordinazione, per spostarsi nello spazio, afferrare, modificare, costruire
- le competenze cognitive, tutti quegli strumenti che consentono al bambino di comprendere la realtà che lo circonda e di formare dei ragionamenti anche molto complessi, trovando soluzioni ai problemi che si manifestano
- le competenze dedicate al linguaggio, con una fase preverbale – fino ai 10 mesi di età – e verbale – intorno ai 12 mesi
- le competenze dedicate alla socialità, che permettono ai bambini di interagire con le altre persone per diventare giorno dopo giorno sempre più autonomi
Tutte queste acquisizioni rappresentano delle tappe che si manifestano con modalità e tempistiche relativamente simili per ogni bambino, anche se ci possono essere piccoli che anticipano o ritardano un po’ le diverse tappe dello sviluppo psicomotorio. Rompendo un po’ il calendario di crescita che i genitori si aspettano di applicare anche al loro figlio. Rimanendo un po’ disorientati quando le tappe tardano a manifestarsi.
Il ruolo dell’adulto nello sviluppo dei bambini
Talvolta si è portati a credere che lo sviluppo del bambino sia solo un fatto naturale e che l’ambiente circostante non incida poi molto. Ma gli esperti sottolineano che, invece, è vero il contrario. Il ruolo degli adulti che si prendono cura del neonato nello sviluppo psicomotorio della prima infanzia è assolutamente fondamentale. Attenzione, però, a non cadere nell’errore di volersi “sostituire” al bambino, aiutandolo anche quando non ne ha bisogno.
Il ruolo dell’adulto dovrebbe essere chiaro a tutti coloro che si prendono cura dei piccoli. E dovrebbe essere quello di creare un ambiente stimolante per la crescita dei piccoli che vivono all’interno di quel contesto. Con i nostri figli appena nati bisogna creare un rapporto di fiducia, instillando nei più piccoli quel senso di autonomia di cui hanno bisogno per sperimentare e provare a crescere. Bisogna garantire un ambiente sicuro, ma anche utile per poter acquisire tutte le abilità dell’età dello sviluppo, potendo contare su figure di riferimento che possano sostenerlo in ogni sua scoperta.
La stessa Maria Montessori, una delle più famose pedagoghe al mondo, ideatrice del Metodo Montessori per l’educazione (oltre a essere una delle prime donne italiane a laurearsi in Medicina), era solita dire:
Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo.
Ed è proprio questo il punto. Non bisogna sostituirsi ai bambini, ma bisogna insegnare loro e dar loro gli strumenti necessari per affrontare tutte le sfide di questi primi mesi di vita. Non dovremmo mai interferire con il normale sviluppo dei nostri figli, ma vigilare e tenere controllato il loro sviluppo, per cogliere al volo possibili segnali di sofferenza. Dobbiamo dare fiducia a quei piccoli esserini che stanno andando alla scoperta del mondo, permettendogli di potersi muovere e agire secondo le proprie predisposizioni e capacità. E non dobbiamo mai allarmarci troppo quando i tentativi magari di alzarsi in piedi o di camminare da solo finiscono in un nulla di fatto. È dagli errori che tutti impariamo. Bambini compresi.
Jean Piaget, psicologo costruttivista molto famoso nel campo della psicologia infantile e dell’apprendimento, aveva studiato molto sui suoi figli, elaborando alcune teorie che oggi sono ancora molto valide e che ci spingono a seguire questa strada dell’osservazione e della creazione di un ambiente stimolante.
Quando insegni qualcosa a un bambino, lo stai privando per sempre della possibilità di scoprirlo da solo.
Seguire con amore il proprio piccolo, considerare le sue potenzialità, aiutarlo a svilupparle, creargli un ambiente consono per crescere sano e sereno, seguirlo con pazienza e con costanza. sono questi i suggerimenti che si possono dare a tutti i neo genitori che sono preoccupati di non essere all’altezza. Incoraggiare, mostrare la propria presenza, esserci sempre, ma lasciare spazio al piccolo per poter scoprire le meraviglie del mondo sono il primo passo per favorire uno sviluppo tranquillo.
Lo sviluppo psicomotorio dalla nascita ai 6 anni
Una volta compreso cos’è lo sviluppo psicomotorio dei bambini e qual è il ruolo dei genitori (e in generale di tutti coloro che hanno un ruolo fondamentale nella cura dei neonati), bisogna capire come si sviluppa la crescita dei più piccoli di casa.
Quali sono le tappe fondamentali che il bambino affronta nei primi anni di vita? Quale dovrebbe essere questa famosa sequenza di abilità e di competenze che il piccolo deve apprendere nella fase delicata delle crescita?
Dalla nascita ai 2 mesi di vita
Il bambino inizia a sviluppare le abilità visive, dal momento che la vista è il primo senso che ogni individuo sviluppa dopo la nascita. Proprio grazie alla vista le cellule cerebrali dei piccoli possono crescere e aiutare la psiche a svilupparsi. Fino ai 3 mesi di vita, i bambini vedono meglio con la coda dell’occhio, perché la loro visione periferica è maggiormente sviluppata. Possono anche percepire i contrasti di luce e di colore. Crescendo sono in grado di sviluppare anche la visione centrale. Quindi non guardano solo più le cose e le persone con la visione periferica, ma sono in grado di vedere nitidamente anche oggetti che sono posti proprio frontalmente a lui. Come ad esempio le sue manine. È solo dai 2-3 mesi in su, poi, che il bambino riesce a seguire con lo sguardo un oggetto posto di fronte a lui che si muove in modo circolare.
A questa età inizia anche a sviluppare l’udito. Con questo senso il cervello è in grado di recepire informazioni che provengono dall’esterno: appena nati i bambini sono maggiormente sensibili al suono della voce della mamma.
Per quanto riguarda lo sviluppo motorio, i movimenti sono ancora molto involontari e non dipendenti dalla volontà del piccolo. Per quanto riguarda i muscoli, prima si sviluppano quelli del cranio (per riuscire a tenere su la testolina, che in questa fase ha ancora bisogno del sostegno di una mano adulta) e degli arti superiori. E solo in seguito quelli degli arti inferiori.
Dai 2 ai 6 mesi
Questo è il momento della vita di ogni individuo in cui le acquisizioni e le competenze imparate sono maggiori. E sembra che il bambino cresca a vista d’occhio per quello che riguarda le sue abilità, soprattutto legate ai cinque sensi che sta iniziando a sviluppare.
La visione del bambino inizia a essere simile a quella di una persona adulta. A partire dai 3 mesi i 5 sensi iniziano a svilupparsi in un modo incredibile. Non solo la vista, con l’acquisizione della capacità di utilizzare anche la visione centrale oltre a quella periferica e la capacità di mettere a fuoco (a quattro mesi questo senso è sviluppato come quello di un adulto), ma anche il gusto, assaporando ciò che mangia (preparandosi così alla fase dello svezzamento che inizia dopo il sesto mese di vita) e l’udito, dimostrando di sentire tutto quello che lo circonda. Il tatto è già abbastanza sviluppato, visto che le sue manine sono sempre in movimento per afferrare tutto. In questo periodo, inoltre, inizia anche a distinguere emozioni e sensazioni e anche a riconoscere più di 100 parole della lingua parlata da chi gli sta intorno (quindi la lingua madre dei genitori, ma anche un’altra lingua). In questo periodo il bambino potrebbe crescere conoscendo e comprendendo due lingue diverse, che potrebbero però mandare in confusione il bambino. Ma il cervello è in grado di organizzarsi e di crescere riuscendo, pian piano, a distinguere i due idiomi. Questo aspetto è da considerare fondamentale nel caso in cui in famiglia non si parli solo una lingua.
A questa età, inoltre, il bambino inizia ad associare quello che vede con la vista a quello che prova con gli altri quattro sensi.
Dai 6 ai 9 mesi
In questa fase lo sviluppo motorio e lo sviluppo cognitivo subiscono un’accelerazione incredibile. I genitori quasi stentano a stare dietro a ogni progresso del loro bambino. E ogni giorno si scoprono novità che riguardano la crescita dei nostri piccoli. I cambiamenti avvengono in ogni ambito, anche quello relazionale. Il cervello cresce molto velocemente per poter controllare tutto il resto del corpo in maniera ottimale e funzionale.
Il bambino è in grado di stare seduto in modo autonomo e controlla molto bene il tronco e le gambe. E molti sono già bravissimi a gattonare in giro per casa. In questo momento della loro vita i bambini sono in grado di controllare praticamente tutti i movimenti: non si parla più di riflessi incondizionati e incontrollati, ma di capacità di muoversi con cognizione di causa. Il movimento si sviluppa in maniera graduale, partendo ad esempio dalla posizione seduta per poi coinvolgere tutti i muscoli.
A 9 mesi, poi, il bambino dovrebbe essere in grado di tirarsi su in piedi e stare fermo senza l’aiuto di nessuno per qualche secondo. Alcuni bambini riescono anche a spostarsi lateralmente, ma l’appoggio è ancora fondamentale per la loro stabilità. Sono anche in grado di eseguire piccoli movimenti motori e la loro capacità di tenere gli oggetti con le mani cresce di settimana in settimana. Sono ad esempio in grado di tenere in mano un biberon o giocare, in maniera ancora buffa, con un giocattolo. In questo momento i piccoli usano la pinza pollice-uno o due dita per afferrare anche gli oggetti più piccolini: quindi fate molta attenzione a quello che lasciate nei paraggi.
Per quello che riguarda il linguaggio, invece, dai 6 mesi sa riconoscere le parole che gli sono più famigliari e che gli vengono dette più spesso. Non sa però ancora comprendere il significato di tutte queste parole. Solo dal sesto mese c’è un collegamento tra suono e significato. Mentre tra i 6 e i 12 mesi riesce a cogliere i suoi diversi tra differenti lingue ed è capace di riconoscere i diversi suoni della lingua madre.
Dai 9 ai 12 mesi
Il bambino cresce sempre di più e interagisce con maggiori capacità nell’ambiente in cui sta crescendo. Ha un’abilità migliore per potersi relazionare con le persone che lo circondano. Il bambino sa leggere il volto delle persone che si prendono maggiormente cura di lui: ne comprende le parole, i gesti, ma anche le espressioni che hanno quando sono in sua presenza. La memoria migliora e può anche ricordare esperienze che ha già avuto. Così come imparare a esprimere le emozioni che prova. Il piccolo è in grado di formulare pensieri e creare progetti. E è anche in grado di calmarsi e ritrovare il benessere quando ritrova le condizioni o le persone che sono il suo punto di riferimento. Inizia a mostrare emozioni che prima non riusciva a rappresentare con le espressioni del volto o con i suoi gesti.
Sa già stare in piedi da solo anche senza l’aiuto di mamma e papà e riesce persino a spostarsi tenendosi a tutto quello che incontra. Comprende le parole, sa rispondere a piccole richieste come salutare o buttare un bacino con la bocca. E sa puntare il dito per chiedere quello che vuole alle persone adulte che lo circondano e che altrimenti non capirebbero (o fanno finta di non capire). È in grado di prendere un oggetto tenendolo con la mano, per poi rilasciarla.
Dai 12 ai 17 mesi
Le capacità motorie sono quelle che si sviluppano velocemente in questa fase. Il bambino in questo periodo di tempo affina sempre di più le sue capacità motorie, diventando in grado di compiere passi laterali e camminare appoggiandosi o facendo tutto da solo. Riesce ad afferrare gli oggetti e a usarli: in queste fasi si divertono, ad esempio, a sperimentare l’uso del cucchiaino e a cercare di togliersi e mettersi i calzini. Iniziano a provare diffidenza, timidezza e tal volta anche nervosismo e impazienza di fronte a persone che per loro sono estranee. Inizia a sentire la mancanza dei genitori e potrebbe piangere spesso in loro assenza. Potrebbe anche iniziare a dire mamma e papà, mentre capisce perfettamente il no (anche se fa finta di niente spesso e volentieri).
Dai 18 ai 29 mesi
In questo momento della crescita del bambino, il nostro piccolo cammina in modo assolutamente autonomo. E per la gioia di mamma e papà, ma soprattutto dei nonni che stentano a volte a stargli dietro, riesce anche a correre. Adorano giocare con percorsi a ostacoli che gli creiamo e questo è un ottimo modo per stimolare la loro coordinazione e i loro movimenti. Riesce a fare anche altre cose in contemporanea alla camminata, come tenere in mano oggetti oppure a trascinarli con se. Adora salire e scendere le scale e purtroppo adora farlo anche sui mobili e sui tavoli di casa. È in grado di bere dal bicchiere e di mangiare da solo.
A 18 mesi comincia a trovare interessanti i coetanei della sua età e adora giocare con altri bambini e con gli adulti. Comincia a voler sempre più autonomia nelle attività quotidiane. Non sa giocare da solo a lungo, ma comincia a porre le basi per la sua indipendenza e per la creatività anche nel gioco. Le emozioni si fanno sempre più strada nel suo cuoricino e lo dimostra con le persone che occupano un posto speciale nella sua vita.
Il linguaggio si sviluppa sempre di più. Molto spesso indica ancora per far vedere quello che vorrebbe. Però comincia anche a esprimersi con alcune parole che sono comprensibili e a utilizzarle in frasi corte, ma di senso compiuto. Sa anche rispondere alle domande che gli vengono poste.
Dai 30 ai 36 mesi
Il bambino è sempre più grande e sempre più autonomo. Sa correre, saltellare, inizia a pedalare o a usare le biciclette senza pedali. Sa disegnare, incollare, usare le forbici, disegnare i cerchi. E a questa età potrebbe essere giunto il momento di abbandonare il pannolino per poter iniziare a usare il vasino: il controllo degli sfinteri sarà più facilmente controllabile di giorno, mentre per la notte ci vorrà ancora un po’ di tempo. Adora giocare, inventarsi storie con bambole e personaggi, costruire torri che poi adora buttare giù, fare puzzle. La sua attenzione di fronte alle storie che mamma e papà gli raccontano si fa sempre più alta.
Continua il suo viaggio alla scoperta delle emozioni e degli altri, che cominciano a essere ancora più fondamentali per la sua crescita. È in questa fase della crescita che i bambini iniziano a giocare insieme anche senza l’aiuto di una persona adulta. Sempre in questo momento iniziano a capire le regole e ad applicarle, a comprendere il proprio carattere, quello che sa fare, il suo sesso.
Il linguaggio è sempre più simile a quello degli adulti. Anche chi non conosce il bambino è in grado di capire cosa dice il piccolo, anche perché le frasi che formula sono sempre più corrette non solo dal punto di vista del suono dei termini, ma anche per le regole della grammatica della lingua madre che vengono assimilate dagli adulti che parlano.
Dai 3 ai 4 anni
È l’età dell’asilo, del primo vero grande distacco dalla famiglia, da mamma e papà che si sono sempre presi cura di loro. Emotivamente parlando ha imparato a riconoscere le principali emozioni. E si apre al mondo con la voglia di conoscere nuovi ambienti e di crescere. Adora giocare, soprattutto con gli altri bambini, e adora immaginarsi storie sempre nuove. Potrebbe anche avere un amico invisibile.
Dal punto di vista motorio è in grado di saltare sempre meglio, anche su un piede solo. Ed è capace anche di stare fermo in piedi su un piede solo per qualche tempo. Mangia da solo e sa prendere in mano gli oggetti con tranquillità, usando ad esempio forbici e pennarelli nel modo corretto. A questa età comincia anche a imparare a vestirsi da solo e a voler scegliere i suoi vestiti, ovviamente.
Sa raccontare storie, sa contare o comunque ha capito il concetto, riesce a finire un racconto se lo ha già ascoltato molte volte, perché la sua memoria migliora sempre più. Ricorda le parole di filastrocche, poesie, canzoni. E adora ripeterle di continuo, ininterrottamente, per la gioia di mamma e papà.
Dai 4 ai 6 anni
Per quello che riguarda lo sviluppo motorio, questo si è completato del tutto. A questa età non solo sa mangiare da solo e sa vestirsi da solo, ma è anche in grado di farsi la doccia, lavarsi i denti e curare la sua igiene personale.
Per quello che riguarda le abilità cognitive è in grado di capire un testo, di raccontare, di spiegare quello che sta accadendo. Sa seguire le regole, è molto partecipativo e adora scoprire ogni giorno curiosità nuove, in particolare che riguardano l’ambiente che lo circonda. Sa disegnare sempre meglio, sa colorare, eseguire dei semplici compiti come creare delle sequenze a partire da un input che gli viene dato. Sa contare molto bene e conosce le lettere. Verso i 6 anni potrebbe sapere leggere e scrivere poche paroline di uso comune.
Riesce a comunicare sempre meglio, perché il linguaggio è completamente formato.
Ritardo dello sviluppo psicomotorio e del linguaggio
Quando si può parlare effettivamente di disturbi dello sviluppo? Come sottolineato in precedenza, per arrivare a una diagnosi del genere bisogna prima conoscere la sequenza di tappe del processo evolutivo e, nella fattispecie, le competenze acquisite dal piccolo in ogni momento dei suoi primi anni di vita. Solamente così si possono cogliere segnali utili a suggerire all’esperto sanitario un’indagine più approfondita per capire se si tratti o meno di problematiche legate allo sviluppo del bambino.
I genitori dovrebbero sempre parlare con il pediatra di famiglia quando credono di aver notato un segnale che ha fatto scattare un campanello di allarme per quello che riguarda non solo lo sviluppo, ma anche una possibile regressione. Gli esperti danno suggerimenti utili per ogni età per capire quali sono i segni da tenere in considerazione.
- Se dai 3 mesi di età non risponde a stimoli sonori intensi, non riesce a tenere su la testolina o a controllare, non segue gli oggetti con lo sguardo, non sorride alle persone.
- Dai 4 ai 7 mesi se non è in grado di portare gli oggetti alla bocca, se non riesce a tenere su la testa quando lo si mette seduto, se mostra ipertono o ipotono (rigidità muscolare o troppa debolezza muscolare), se non dimostrare un legame affettivo con le persone che si occupano di lui tutti i giorni, se tende ad afferrare gli oggetti solo con una mano.
- Se a 5 mesi non sorride.
- E se a 6 mesi non riesce a stare seduto con un appoggio o non cerca di afferrare gli oggetti che ha di fronte.
- Se a 8 mesi non ha ancora iniziato con la lallazione.
- Dagli 8 ai 12 mesi, invece, se non ha ancora gattonato o trascina una parte del corpo quando lo fa, se non riesce a stare in piedi se aiutato da qualcuno, se non dice nemmeno una parola e non usa nemmeno il linguaggio gestuale, se non cerca oggetti che qualcuno gli ha nascosto o non indica gli oggetti.
Se i genitori notano questi segnali, forse è bene parlarne con il medico che segue il bambino, che sicuramente saprà come valutare la situazione. Ed eventualmente indirizzare la famiglia verso un esperto più competente in materia. Esperti che usano dei test strutturati per capire l’evoluzione motoria, personale, sociale, del linguaggio e la capacità di manipolazione del bambino, per capire se c’è un ritardo psicomotorio nei primi anni di vita che deve preoccupare per la crescita del piccolo oppure se si tratta solo di un momento temporaneo e passeggero.
Solo una valutazione specialistica e il ricorso a un neuro psicomotricista possono essere d’aiuto nello sviluppo del bambino. In questo modo, si può capire se il bambino sta crescendo secondo i suoi ritmi, che magari si distaccano un po’ dai loro coetanei, oppure se è meglio intervenire. Mai fare però paragoni: ne con eventuali fratelli maggiori o figli più grandi di amici e parenti, ne con altri piccoli della stessa età del vostro figlio. E soprattutto mai farli in presenza dei diretti interessati, che potrebbero sentirsi in difetto e pensare di avere qualcosa che non va rispetto agli altri bambini. Ogni bambino è sempre un caso a sé e vanno rispettati i ritmi di ognuno.
Cosa fare in caso di ritardo nello sviluppo psicomotorio
Sicuramente il primo consiglio che ci sentiamo di darvi è quello di seguire le indicazioni del pediatra e del medico che ha in cura il bambino. Potrebbe essere utile cominciare a intraprendere il prima possibile un trattamento riabilitativo, con quella che viene definita la neuropsicomotricità. Si tratta di un piano personalizzato per ogni piccolo paziente per aiutarlo ad acquisire le tappe della crescita perdute, adottando un approccio che possa coinvolgerlo nelle attività da eseguire, con il supporto di un team di esperti, ovviamente. Si può cominciare anche prima dei 36 mesi di vita, se si sono notati dei segnali che potrebbero indicare la presenza di un disturbo dello sviluppo psicomotorio.
Quando si parla di neuropsicomotricità è sempre bene rivolgersi a personale qualificato a coprire questo ruolo che fa parte delle professioni sanitarie, come i terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, che si occupano di abilitazione, riabilitazione e prevenzione per quello che riguarda le cosiddetta disabilità dell’età evolutiva, dalla nascita e fin ben ai 18 anni di età. Esistono anche dei corsi universitari specifici per intraprendere questa carriera professionale, come la Scuola Speciale per Tecnici Riabilitatori della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva dell’Istituto di Neuropsichiatria Infantile della Sapienza di Roma, nata addirittura negli anni Settanta. Oggi il corso universitario da seguire è una laurea di primo livello dedicata alla terapia della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE), che fa parte dei corsi di laurea della Classe della Riabilitazione delle Lauree delle Professioni Sanitarie.
Questa figura professionale sanitaria non opera da sola, ma in collaborazione con l’equipe multi disciplinare di neuropsichiatria infantile e altre figure della pediatria. Tali figure professionali intervengono in caso di disturbi dello sviluppo di varia natura: disturbi neurologici, sensoriali, neuromotori, della coordinazione motoria, ma anche ritardi psicomotori e cognitivi, disturbi dell’attenzione, disturbi specifici di linguaggio e di apprendimento, quali dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia, oltre che sindrome genetiche e i disturbi dello spettro autistico.
Gli esperti consigliano anche di rendere l’ambiente dei neonati il più possibile stimolante, invogliandoli a fare nuove scoperte e acquisizioni che li porteranno a crescere giorno dopo giorno. Non bisogna però esagerare, pretendendo troppo dai nostri figli. Le tappe evolutive dei bambini andrebbero sempre conosciute da tutti coloro che hanno a che fare con soggetti in età evolutiva, per non sovraccaricarli di aspettative o, al contrario, per non lasciarli a loro stessi, senza stimoli fondamentali per la crescita.