Il razzismo lo ha provato sulla sua pelle. E non lo augura a nessuno. Per questo motivo non ha, almeno per il momento, alcuna intenzione di diventare mamma. Per Paola Egonu i figli non sono una priorità adesso, anche perché non vuole che altri bambini e altre bambine possano vivere lo stesso “schifo” che ha dovuto vivere lei a causa delle persone razziste.
So già che, se mio figlio sarà di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?
Questa la risposta di Paola Egonu a una domanda che i giornalisti le hanno posto una domanda, in occasione della quale la campionessa italiana di pallavolo ha anche ricordato un episodio successo all’asilo quando aveva 4 anni. E per la prima volta ha capito di essere diversa. Un episodio di razzismo che l’ha segnata molto. E oggi le cose non sono cambiate da allora.
Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei.
La giocatrice di volley, che gioca in Turchia, nel VakifBank Istanbul, racconta che spesso le chiedono se sia davvero italiana. Lei che lotta in campo con la maglia della nazionale insieme alle sue compagne, allenate dal mister Davide Mazzanti, e che dovrebbe rappresentare persone che la trattano come se fosse un animale.
Per lei è difficile decidere di avere figli in un paese profondamente razzista, in un contesto in cui è cresciuta pensando che l’unico standard di bellezza fosse quello bianco.
Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo.